La più amata dagli italiani resta la mitica Panda

Anche nel 2021 è stata la più venduta con 112 mila auto consegnate Da Pertini a Wojtyla fino a Vidal: ce n’è una per tutti i gusti. Ha debuttato nel 1980, dal 2012 è la più richiesta. E ora si elettrifica

Un’autovettura che riesce a mettere insieme Sandro Pertini, Papa Wojtyla e Arturo Vidal deve avere davvero qualche potere speciale. Alla voce “la più amata degli italiani” la Fiat Panda risponde anche questa volta con il ditino orgogliosamente alzato. Nel 2021 la Panda è uscita nuova da una concessionaria per oltre 112 mila volte e per trovare la seconda in classifica, sempre una Fiat, la 500, ci vuole il binocolo (45 mila, meno della metà). Il tempo presente di questa icona che è sulle strade del mondo dal 1980 e dal 2012 è la più venduta, dice di un prossimo debutto in versione elettrica e non è difficile immaginare che anche questo slancio nel futuro produrrà una vettura economica, dal design minimalista e modulare. Il Ceo di Fiat e Abarth, Olivier François, ha recentemente detto che tra gli obiettivi di Stellantis c’è quello di “Risvegliare il gigante dormiente”, riferendosi chiaramente a Fiat. E quale modo migliore se non una bella scossa elettrica con l’amatissima Panda? Ma torniamo al tridente Pertini-Wojtyla-Vidal. 

Nel 1980 Toto Cutugno trionfava a Sanremo con “Solo noi” e il 26 febbraio di quell’anno bisesto nei giardini del Quirinale un elegantissimo Gianni Agnelli sfidava i rigori del freddo senza cappotto e mostrava ad un presidente partigiano Sandro Pertini particolarmente intabarrato nel suo cappotto la nuova, spartana creatura. Il disegno era uscito dalla penna di Giugiaro nel 1977 e ci vollero tre viaggi della Terra intorno al Sole per arrivare alla presentazione ufficiale. A Sandro Pertini fu mostrata una Panda rossa con gli interni beige con regolare targa di prova. Il listino prezzi per il debutto su strada recitava 3.979.000 per una Panda 30 e 4.702.000 per la versione superiore, la 45. Valori, ovviamente, in Lire. Erano anni nei quali lo stipendio di un operaio era mediamente di 352 mila lire, un caffè ne costava 250 e un litro di benzina 655 (per la super. Ai tempi esisteva anche la “normale” e costava leggermente meno, 640 Lire). Due anni dopo toccò ad un altro gigante di quel tempo, Papa Giovanni Paolo II, tenere a battesimo un modello di Panda. A produrla fu la Seat, versione spagnola della Fiat, in occasione della visita del Santo Padre in terra iberica. Nel 1982 il Papa laico per gli italiani era Paolo Rossi ma nello stesso periodo il vicario di Cristo entrò al Santiago Bernabeu e al Camp Nou, templi ancora oggi dove si officia il rito pagano pallonaro, a bordo di una vettura costruita appositamente in due sole settimane per consentire al Santo Padre di salutare i fedeli gaudenti. Una “papamobile” già costruita con dispositivi atti a proteggere il successore di Pietro da possibili attentati. 

La Panda, dai più appellata con il vezzeggiativo di “Pandino”, sfondò subito sul mercato domestico anche grazie all’indiretta, ma efficacissima, pubblicità che le fecero alcune comparsate sul grande schermo. Edwige Fenech, santa subito, e Lino Banfi fuggirono a bordo di una Panda 45 in “Zucchero, Miele e Peperoncino” mentre Ornella Muti, come sopra, era alla guida di un Pandino arancio in “Bonnie e Clyde all’italiana”. C’era addirittura l’Altissimo nel dissacrante “Il pap’occhio” di De Crescenzo con in mano il volante della Panda. Negli anni successivi al 1980 arrivarono anche le prime dotazioni. Il tetto apribile, il cambio a 5 rapporti, addirittura la leggendaria versione 4×4. Nel 1984 fu tagliato il primo, storico traguardo del milione di autovetture vendute. Fu la seconda generazione, quella che va dal 1986 al 2003, a portare i due poli opposti della Panda: la versione diesel (1986) e quella 100 per cento elettrica (1990). Nel 2003 una doverosa lacrimuccia accolse l’ultima Panda uscita dallo stabilimento di Mirafiori. Era tempo per Fiat di modernizzare la gamma di utilitarie dopo che ampie quote di mercato erano state conquistate da Uno e Punto tra gli anni ’80 e ’90.

Il futuro della più amata degli italiani avrebbe potuto passare anche da un cambio di nome, oltre che di sede di produzione (Polonia). L’idea era di chiamarla “Gingo”, troppo simile però più che al mitologico ispettore avversario di Diabolik (Ginko) all’utilitaria della Renault (Twingo). A prevalere fu, meglio così, il mantenimento della tradizione nonostante il nome Gingo venne effettivamente speso al salone di Ginevra. Sbaglia chi pensa che la Panda fosse solo un feticcio da esibire per chi poteva permettersi altre cilindrate, per portafogli o per standing istituzionale. Memorabili alcuni viaggi cittadini di Diego Armando Maradona che quando voleva passare inosservato, posto che fosse per lui possibile nascondersi in una città che lo respirava nel profondo, si infilava in un’anonima Panda per provare a dar meno nell’occhio. Spesso riuscendoci.

L’ associazione tra i calciatori e le auto di lusso e’ immediata, quasi naturale. Stupisce e diventa notizia quando gli stessi si presentano alla guida di qualcosa che non sia un bolide da centinaia di cavalli e altrettante migliaia di euro. Tempo fa, fece notizia e spopolò sul web, l’arrivo di Arturo Vidal alla Pinetina alla guida di una Panda color verde. Il cileno dell’Inter è diventato subito una icona del web e il combinato disposto tra quella vettura così popolare e poco costosa e il suo abbigliamento estivo in una fredda giornata di autunno milanese ha fatto il giro del mondo e incetta di visualizzazioni. Così come la notizia che durante un derby Milan-Inter i ladri siano andati a far bottino nel suo garage portandogli via una Mercedes da 400 mila euro mentre lui era in campo. Chissà cosa ha pensato il Pandino che era parcheggiato accanto alla supercar, nemmeno degnato di uno sguardo dai lestofanti ma certamente fiero di essersi ripresentato agli occhi del padrone nella sua essenziale, intonsa semplicità.

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