La nuova auto del popolo può essere elettrica?

Volkswagen con la serie ID prova a ottenere l’effetto Maggiolino. Nordio: “La scelta green può essere conveniente, ma molti non lo sanno”

Volkswagen ID.3

Volkswagen ID.3

Essere il simbolo dell’auto del popolo e lavorare per diventare simbolo dell’auto del popolo elettrificato può sembrare banale: non lo è. Anzi, per il Gruppo Volkswagen corrisponde a un obiettivo strategico di portata epocale, diventare leader mondiale della mobilità elettrica nel 2025.

Un cambio di paradigma utile a mantenere la supremazia geopolitica nell’industria automobilistica, guadagnare quella per la fornitura dei servizi alla mobilità che rappresentano il prossimo ecosistema vitale per il comparto, indirizzare la transizione verso un futuro sempre più digitale. Per riuscire, il gruppo tedesco ha messo sul piatto 73 miliardi di euro, di cui 35 miliardi per i soli modelli elettrici. “Quella del 2025 è in realtà una tappa di avvicinamento a un obiettivo più grande”, spiega il Ceo di Volkswagen Group Italia, Massimo Nordio. “È in atto una importante accelerazione per raggiungere i target climatici globali, rispettando gli accordi fra Stati siglati a Parigi (2015) e trasformare il Gruppo Volkswagen in un’azienda carbon neutral entro il 2050: l’obiettivo è l’elettrico per tutti”.

Il mondo sta cambiando e la volontà politica di decarbonizzare la mobilità è sempre più vivace. “Dal 2017 abbiamo lanciato la più ampia iniziativa di elettrificazione dell’intera industria automobilistica; gli investimenti pianificati ammontano a circa 70 miliardi di euro e porteranno entro il 2030 alla produzione di 70 modelli full-electric”. Il cuore delle operazioni è la piattaforma Modular Electric Drive Toolkit (MEB) concepita specificatamente per la mobilità elettrica: modulare, è il comune denominatore per la produzione elettrica di tutti i marchi, in Europa, Cina e Stati Uniti. Fra questi le Volkswagen ID.3 e ID.4, l’Audi Q4 e-tron, la Cupra Born e la Skoda ENIAQ IV. Poi c’è la Premium Platform Electric (PPE), cioè la piattaforma per i veicoli alto di gamma con autonomia più elevata e tempi di ricarica più brevi, tipicamente Audi e Porsche. “Il nostro Gruppo è ormai volto all’elettrico in quanto è la tecnologia che rappresenta la migliore opzione, in termini di efficienza e sostenibilità, per ridurre le emissioni di CO2”. Ma pure “Ford sta realizzando un Suv su base MEB”, si tratta del primo modello figlio di una collaborazione fra i marchi. “Dobbiamo imparare a fare squadra, industria e istituzioni, devono iniziare una integrazione orizzontale per sollecitare i consumatori, coinvolgendoli in questo passaggio epocale che sta affrontando il mondo dell’auto”, prosegue Nordio.

In effetti, la strada verso l’elettrificazione è ancora lunga. L’offerta supera ancora la domanda e le elettriche sono spesso compliance cars, più utili a evitare le multe comunitarie abbassando la soglia di emissioni del marchio entro i parametri fissati in seno alla Ue, che a soddisfare la richiesta di un mercato ancora lento. Ecco spiegato il perché tutti i Costruttori hanno in pancia uno o più modelli Phev (Plug-in Hybrid electric vehicle) e Bev (Battery electric vehicle), ovvero le vetture elettriche al 100%.

Con poca domanda, il business è sostenuto prevalentemente tramite incentivi stanziati con iniezioni di denaro pubblico, le tasse, ed è ancora flagellato da una lunga fila di temi irrisolti. Per esempio, la rete inconsistente per i pochi stalli disponibili, i tempi di ricarica ancora troppo lunghi, il listino dei veicoli EV più oneroso di quello delle varianti a combustione interna. Ovvero, proprio quei veicoli che i policy maker stanno condannando all’oblio con l’avvento dei prossimi standard Euro 7. Di fatto, il green avrà un futuro roseo, ma bisogna accelerare. “La clientela deve essere educata e accompagnata in questa svolta, abituandola all’uso di vetture 100% elettriche”. Va rafforzato lo spirito ecologico, intanto e soprattutto. Ma si deve lavorare anche sui costi. A tal proposito, l’obiettivo del Gruppo Volkswagen è arrivare a produrre celle dalla forma e dagli ingombri standard, differenziate dalla composizione chimica in base alla destinazione d’uso. Dimezzerebbe i costi delle batterie e scendendo ben sotto la soglia dei 100 euro per kWh. ”L’auto elettrica ha un prezzo industriale alto e questo non ne favorisce certo la diffusione di massa. Ma è un problema che sparirà presto anche per le scelte dei costruttori che come noi sapranno scegliere un’integrazione verticale, diventando autonomi proprio sul tema delle batterie”. L’utilizzo di unità base standardizzate e la relativa riduzione dei costi dovrebbe autorizzare un calo dei listini delle EV fino al 30%. Volkswagen prevede la realizzazione con i suoi partner di “sei Gigafactory in Europa entro la fine del decennio”, alcune anche di proprietà, “con una capacità produttiva complessiva annua di 240 GWh”. Si punta all’attivazione di 18mila punti pubblici di ricarica rapida in Europa entro il 2025 con una spesa di circa 400 milioni di euro. In più, il Gruppo sta anche lavorando per innovare la composizione chimica degli elettrodi, in modo da garantire una densità ancora maggiore e aumentare la velocità della ricarica. Se con le attuali batterie agli ioni di litio si raggiunge l’80% di carica in media in 30 minuti, grazie alle future innovazioni non ne serviranno più di 12 o 17. Roma è una delle prime città in Europa ad avere una stazione di ricarica ultrafast, ovvero High Power Charging (OPC): “l’Enel X Store di Corso Francia è di fatto la prima area di servizio 4.0 in Italia, un modello di riferimento che consentirà a chi non può ricaricare a casa di partire con un “pieno” già dal centro città”, anche all’improvviso e senza aver programmato in anticipo il viaggio.

Ma è anche una forma di comunicazione reale, tangibile, che avvicina il processo di elettrificazione alla gente e non viceversa. “È molto importante la comunicazione: per molti clienti l’auto elettrica potrebbe già essere conveniente, ma ancora non lo sanno”.

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