LA NUOVA SUPERCAR.
La Ferrari F 80 viene dal futuro

La sesta supercar della storia della Ferrari viene dal futuro. E’ bella e lucente come nelle canzoni di Lucio Dalla, ma è anche sensuale senza essere volgare con le curve giuste per farsi guardare e le prestazioni giustissime per farsi guidare. Si ispira allo spazio, all’aeronautica, ma richiama un po’ anche il passato della Casa con un tributo senza nostalgia alla mitica F 40. L’operazione non era semplice. Agli uomini in rosso era stato chiesto di mettere il massimo della tecnologia disponibile in questo momento sotto un vestito destinato a durare nel tempo. Ecco così l’erede della Gto, della F 40, della F 50, della Enzo e de LaFerrari che era arrivata dieci anni fa, prima vettura ibrida mai vista a Maranello e prima supercar firmata da Flavio Manzoni dopo la separazione da Pininfarina che aveva disegnato le prime 4. Sono tutte auto che hanno fatto la storia e ancora oggi sembrano attuali, oltre ad esser state un investimento pazzesco per chi ha avuto le possibilità di mettersele in garage. Le supercar nascono più o meno una volta ogni dieci anni e questa ha nel nome il suo destino: si chiama F 80 perché è destinata a festeggiare gli 80 anni della Casa che sono ormai dietro l’angolo.

Il progetto è scattato quattro anni fa e non è stato facile prendere la strada che ha portato a questo risultato. “La supercar rappresenta l’apice della tecnologia di Ferrari e apre una visione sul futuro in termini di performance e design. Incarna il più grande sogno di ogni ferrarista”, ha detto Enrico Galliera, il chief marketing and commercial officer della casa. Prima di cominciare a disegnare la F 80 è stato necessario rispondere ad alcune domande: “Vogliamo creare un’inarrestabile e assoluta supersportiva da pista o una vettura dalle qualità estreme ma guidabile anche su strada? Vogliamo creare una monoposto, per il solo pilota? O una biposto per offrire un’esperienza condivisa? Quali altre soluzioni tecniche e strutturali all’avanguardia possiamo riprendere dal mondo del racing per trasferirle in una vettura stradale? Quale motore dobbiamo scegliere?”. Dopo qualche discussione interna, qualcuna anche accesa, si è deciso di creare una Supercar che potesse essere usata in pista e in strada, accompagnati da un passeggero, con un motore termico figlio dell’esperienza in Formula 1 come il V6 Turbo che con la 499P ha vinto due volte anche a Le Mans. Attorno al V6 Turbo da 2992 cc è nata la Ferrari più potente di sempre con 1200 cavalli (900 dal motore termico e 300 da quello elettrico) che ha già stabilito il nuovo record di Fiorano in 1’15″3 con prestazioni da sogno: 0/100 in 2”15 e 0/200 in 5”75, senza dimenticare l’altrettanto importante 100/0 in soli 28 metri e il 200/0 in 98 (grazie ai dischi freno CCM-R Plus, come quelli utilizzati sulla 296 Challenge). “Pensando a 1200 cv viene da chiedersi: come è possibile scaricare a terra tutta questa potenza? Per realizzare l’impossibile, abbiamo sviluppato un’auto rivoluzionaria omologata per la strada, che è un capolavoro di aerodinamica – spiega Gian Maria Fulgenzi il Cto – Questo, grazie a: un triplano anteriore ultramoderno, un sottoscocca tridimensionale, un’ala posteriore attiva. Il risultato è un carico verticale mai raggiunto prima da una Ferrari: 1050 kg a 250 km/h”. Un apporto fondamentali lo danno le sospensioni attive. Per costruirle è stata applicata per la prima volta la tecnologia dell’additive manufacturing. Grazie al know-how acquisito nella F1, il braccio superiore è realizzato internamente da Ferrari con la tecnologia di stampa 3D del metallo. E già queste sono opere d’arte.

Potremmo anche definirla una monoposto a due piazze. Una macchina nata attorno al pilota con un posto guida che Charles Leclerc non ha esitato a definire “davvero comodo”. “Quando abbiamo iniziato il progetto, era venuta fuori inizialmente l’idea che questa macchina dovesse essere una monoposto – spiega Flavio Manzoni – volevamo fare in modo che avesse delle proporzioni davvero estreme: quindi una cabina molto stretta, spalle quanto più larghe possibile, una carreggiata larga e così via. E’ chiaro che si trattasse di una provocazione, ma lavorando insieme siamo riusciti ad ottenere l’effetto di una vera monoposto, pur non rinunciando al sedile del passeggero”. Il trucco consiste nello sfalsare il punto H, quello delle spalle, così da poter avvicinare i due abitacoli.

“Per me e il mio team era assolutamente chiara l’idea di voler fare qualcosa di assolutamente futuristico, avveniristico e disruptive – racconta Flavio Manzoni – non volevamo farci trascinare da un’idea nostalgica o di continuità. Volevamo guardare veramente al futuro, fare qualcosa di assolutamente innovativo e inaspettato. Questa è una macchina che nasce come un guanto intorno al pilota”. Nasce per farsi ammirare, per conquistare un altro Compasso d’oro magari, ma soprattutto per farsi guidare. “Abbiamo voluto che avesse delle proporzioni davvero estreme: quindi una cabina molto stretta, spalle quanto più larghe possibile, una carreggiata larga e così via… il protagonista assoluto è il sedile del pilota, inserito in un cockpit dall’effetto avvolgente che può ricordare quello di una Formula 1, ma anche quello di una Monza SP1, per esempio, con tutti i comandi a portata di mano”. Come sempre ogni forma ha una sua funzione per incanalare i flussi d’aria. Nulla è messo lì solo per vezzo stilistico. E’ una supercar dalla bellezza confortante destinata a durare nel tempo come le sue sorelle. Non un’auto che tra due anni sarà già vecchia. Un viaggio nel futuro, forse anche nello spazio. Non è senza prezzo, naturalmente: 3 milioni 600 mila euro. Ma tanto i 799 esemplari previsti sono già stati tutti prenotati. E poi ci si chiede perché le azioni Ferrari continuano a volare.





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