Perché investire in auto classiche è pure divertente

Dal 2006 i prezzi delle aste sono cresciuti. Ma è interessante vedere l’aumento di valore dei mezzi di fascia media.

Auto classiche

Auto classiche

L’avvocato Agnelli diceva che investendo in vino non si corrono rischi: male che vada, lo si beve. É una visione che potrebbe valere anche per le auto classiche, da collezione. In questo caso non per berle ma per il piacere di usarle. Usarle in occasione di eventi – e sono tanti e spesso davvero belli – o semplicemente per guidarle, respirando l’aria di un passato che alla mente torna sempre bello e da rimpiangere.

Nella realtà l’investimento in automobili, esattamente come accade per il vino, deve essere fatto con raziocinio: così come non si mette in cantina un vino di scarsa qualità, altrettanto non vale la pena di mettersi in garage modelli che non hanno contribuito a quella storia fatta di cultura e passione che l’automobile ha tracciato dall’inizio dello scorso secolo.

Guardando ai numeri – collaboro all’attività di Market Intelligence di The Classic Car Trust dove pubblichiamo anche il ranking dei primi 100 collezionisti al mondo – i prezzi delle auto classiche delle aste internazionali dal 2006 ad oggi hanno avuto incrementi di tutto rispetto: trascurando l’auto venduta al più alto prezzo di ciascun anno dove il valore è quadruplicato (+399%), è più interessante vedere gli incrementi di vetture che sono nella parte centrale della classifica. Bene, la centesima auto di ogni anno ha triplicato in valore (+ 292%), passando da 450.000 a 1,3 milioni; la duecentocinquantesima è aumentata del 256% (da 213 a 540 mila)e la millesima del 238% (da 60 a 140 mila). Tutto questo con, in più, la gioia, per chi ha comprato, di essersi divertito.

Analizzando i numeri – per avere un riferimento di ciò di cui stiamo parlando, bisogna ricordare che il valore delle prime 100 collezioni al mondo supera i 10 miliardi di dollari – si nota come la crescita del valore sia inversamente proporzionale al livello di prezzo del veicolo: auto anche molto affascinati e piacevoli come le sportive inglesi tipo Triumph, Austin Healey e perfino la Jaguar e Type, prodotte in grande numero e quindi molto presenti sul mercato, sono un investimento a basso rischio ma a relativamente ridotto incremento di prezzo.

Come ha influito la pandemia sul mercato delle Classiche? In due aree principali: prima sul modo di venderle poi, dalla primavera 2021, sull’atteggiamento dei compratori. Nel 2020 anche le grandi case d’Asta come RM Sotheby’s, Gooding e Bonhams non potendo riunire i compratori in sala, hanno provato, con successo, ad usare le aste on line. Dopo la prudenza dei primi test, dovuta anche alla ritrosia dei venditori a portare auto di valore su una piattaforma informatica, è cresciuto il coraggio fino ad arrivare alla vendita di una Ferrari 550 Maranello degli anni 90, vincitrice di categoria a Le Mans, a 4,3 milioni di dollari. L’altro effetto della pandemia si è verificato quest’anno, negli Stati Uniti prima di tutto, ma anche in Europa: col sognato ritorno alla normalità e con le aste fatte nuovamente in presenza, è esploso un autentico entusiasmo che si esprime sia nei fatturati (la settimana di Monterey di questo agosto ha creato un fatturato di 340 milioni di dollari con ben 712 vetture vendute e un prezzo medio vicino ai 500.000 $) che nella ricerca di auto curiose, diverse, con storie particolari e via di seguito.

C’è voglia di collezionismo e di guidare come si guidava un tempo, senza elettronica e senza aiuti, divertendosi. Proprio in questi giorni stanno suscitando molto interesse anche i simulatori di guida fatti da Pininfarina e Zagato per TCCT eClassic.

Aveva ragione Agnelli: investire su prodotti che danno piacere è una garanzia e le automobili Classiche e ciò che sta nel loro mondo, lo confermano.

Antonio Ghini, direttore di The Key, official magazine di The Classic Car Trust

Exit mobile version