“Il mio amore per l’Harley” La passione di Altavilla

Il top manager di Fiat e Ita Airways racconta il suo garage con 7 moto di Milwaukee “Non dimenticare le origini e vivere il brand con i clienti. Restando fedeli al Dna”

Nel 2023 Harley-Davidson celebra i suoi 120 anni di storia, la Motor Company, come la chiamano negli Stati Uniti, è il costruttore di motociclette con la vita più lunga senza mai aver interrotto la propria attività. Dalla minuscola rimessa, poco più di una baracca, dove William Harley e Arthur Davidson con i relativi fratelli iniziarono nel 1903 a produrre motociclette, che all’epoca erano in sostanza biciclette a cui era applicato un motore, di cose a Milwaukee ne sono successe davvero tante, due guerre mondiali con i soldati americani in sella alle loro moto, un mondo e una società occidentale che è cambiata a velocità sempre più sostenuta ma in 120 anni di vita le moto Harley, come forse nessun altro marchio ha saputo fare, si sono costruite un’immagine e un prestigio praticamente inossidabile. E tantissimi sono i personaggi che nelle diverse epoche sono stati appassionati delle moto del “Bar&Shield” dal re del rock&roll il mitico Elvis Presley al divo contemporaneo George Clooney che fra un film e un impegno umanitario si diletta con le sue Harley anche sulle sponde del Lago di Como. Eppure, nella vecchia Europa, lo stereotipo del biker che sulle Harley viene immaginato come barbuto, truce e di pelle nera vestito stile Billy Gibbons leader degli ZZ Top, che peraltro è un vero harleysta, resta duro a morire. La realtà è assai diversa e, per la sorpresa dei conformisti, fra gli appassionati più autentici delle moto Harley c’è anche un manager di lungo corso e di primo piano come Alfredo Altavilla già pilastro di FCA al fianco di Sergio Marchionne e poi, fino allo scorso novembre, Presidente Esecutivo di ITA. Da lui dunque ci siamo fatti raccontare come vive il proprio legame con le moto di Milwaukee. Dott. Altavilla, come nasce la sua storia di motociclista? “La passione è nata sin da quando ero bambino anche perché mio padre correva in moto e ricordo che da piccolo amavo andare in officina per salire sulle moto da corsa di papà. Ovviamente mio padre era del tutto contrario al fatto che io avessi una moto e quindi, come tanti a quei tempi, approfittai delle moto degli amici fino ad arrivare al primo sospirato “cinquantino” stile off-road per poi passare ad una moto da regolarità 125 di cilindrata e molte altre finchè, crescendo, non scoprii le prime Harley e all’epoca erano davvero molto rare qui in Italia. Ricordo, fra l’altro, l’emozione di aver partecipato ad un “Palle Quadre” il raduno invernale più estremo per Harleysti che in quel periodo organizzava Carlo Talamo il patron della Numero Uno che importava le moto Harley dal 1984. In quel periodo vivevo a Milano e appena potevo andavo nella storica via Niccolini davanti alle vetrine della Numero Uno ad ammirare quelle moto scintillanti. Poi finalmente ne ho potuta comprare una anch’io e mi sono unito all’ultima edizione di quel raduno di veri matti.” Come è iniziata la sua carriera di harleysta? “La mia prima Harley è stata una fantastica Softail Special del 1996 verde e grigia, era un’edizione limitata e confesso che queste versioni particolari sono la mia fissazione. Naturalmente da li è partita anche la voglia di personalizzare la mia moto ma sempre senza alterarne il carattere originale. Da quella prima Softail la passione è cresciuta e ora nel mio garage le Harley sono sette. La più anziana è una WLA del 1946 restaurata in modo maniacale tanto da sembrare appena costruita a cui si affiancano uno Sporster XR e un Fortyeight, una Softail Bad Boy, una Dyna Sturgis del 91e una Electra Glide Ultraclassic del 105° anniversario, quella con la livrea nero-bronzo.” Ma riesce a usare le sue moto visto che gli impegni davvero non le mancano? “Mai quanto mi piacerebbe e, soprattutto, mai quanto si dovrebbe anche perché non ci sono solo le Harley nella mia collezione tant’è che sono un grande fruitore di manutentori di carica per le batterie delle mie moto. In ogni momento libero cerco di uscire con ciascuna di loro dedicandomi con imparzialità a ciascuna.” Quale è stato il momento che ha fatto scoccare la scintilla definitiva per le moto di Milwaukee? “Il famoso “colpo di fulmine” è arrivato nel corso di un viaggio di lavoro per FIAT negli Stati Uniti, ero in California, ad Orange County per la precisone. Dopo una riunione mi sono imbattuto nella pubblicità di un dealer Harley poco distante dall’hotel dove soggiornavo e la curiosità mi ha portato li dove, proprio in quel momento si stavano preparando tantissimi biker per la partenza di un grande raduno. L’emozione è stata tanto forte da convincermi che quelle erano le moto per me. Tornato in Italia mi sono letto tutto quello che era possibile su quelle moto e sul mondo che le circondava fino a quando, finalmente, è arrivato il momento di comprarne una. Immediatamente sono diventato “Life Member” della HOG, il club mondiale per i possessori di moto Harley e mi sono iscritto al “Monte Bianco Chapter”, il gruppo che faceva capo alla concessionaria di Torino dove si poteva accedere solo se soci HOG a vita. A quel tempo era un gruppo di pochi e appassionati adepti.” Quindi lei è un biker da raduno o un viaggiatore solitario? “In principio della mia vita da herleysta amavo i raduni perché erano frequentati da pochi autentici appassionati con moto serie e si era accomunati dal piacere di stare in moto. Ho smesso di andare ai raduni quando questi sono diventati un’occasione troppo commerciale. Io credo che il viaggio sia più importante della destinazione, se vale il contrario non mi diverto più. Io amo viaggiare in moto su belle strade alla scoperta di luoghi inconsueti in modo rilassato e condividendo la strada con persone che la pensano come me.” Ha mai pensato di comprare un’Harley elettrica? “Per l’amor del cielo, non ne parliamo proprio! Con molto rammarico non capisco bene dove Harley voglia andare nel prossimo futuro. La mia esperienza nel mondo dei motori mi insegna che anche di fronte alle sfide difficili imposte dal contenimento delle emissioni se si vuole le soluzioni si trovano e non condivido, ad esempio, la decisone di Harley di non produrre più la gamma Sporster. In questo momento è necessario rimanere ancorati alla filosofia di questo brand che amo. La mia storia professionale mi ha insegnato che non c’è nulla di più pericoloso dello snaturare il DNA di un marchio perché, prima di tutto, si disorienta il cliente. Credo anche che l’ipotesi per cui si possano sostituire i clienti storici del marchio Harley con nuove generazioni che non considerino l’heritage un valore fondamentale sia limitante perché, forse suo malgrado, Harley continua a produrre modelli parecchio costosi che restringono l’accesso solo ad una fascia del mercato, quella che ha maggiori disponibilità.” Le hanno mai chiesto di diventare CEO di Harley-Davidson? “No, ma il mio suggerimento è “back to the roots”, ritorno alle origini facendo pochi modelli molto caratterizzati e di superiore qualità e soprattutto di ritrovare un forte legame con la community degli harleysti. Stimolare il desiderio per le proprie moto, quello di far viaggiare insieme nel giusto modo i propri clienti, di customizzare le moto con accessori e parti “genuine” e di acquistare il merchandising, attività che garantiscono i margini più alti. Il brand deve vivere con il cliente. Va ripreso lo spirito che legava così bene e così forte gli harleysti fra loro perché Harley-Davidson sapeva fare questo come nessun altro costruttore.” Il viaggio più bello in Harley? “Il viaggio più indimenticabile che ho fatto in sella ad una Harley è stato l’attraversamento da Singapore alla Malesia fatto con i membri di un chapter locale e poi un altro davvero incantevole l’ho vissuto lungo i Grandi Laghi degli Stati Uniti.” Strana cosa le moto, sanno ispirare sentimenti ed emozioni che possono rendere anche un grande manager dal piglio coriaceo come Alfredo Altavilla entusiasta come un ragazzo e in questo senso un marchio come Harley-Davidson compie 120 anni ancora circondato da grande amore e passione.

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