La nuova mini compie vent’anni e sta già viaggiando nel futuro

La storia più recente inizia nel 2001, anno in cui Bmw mise in commercio l’erede dell’originale ideata da Issigonis

MIni, 2 generazioni a confronto

MIni, 2 generazioni a confronto

La Mini moderna compie 20 anni. Due decenni in cui il mondo è radicalmente cambiato, mentre la MINI da “semplice” prodotto diventava brand. 

La storia più recente di MINI inizia nel 2001 e incrocia subito cambiamenti sociali, economici e politici epocali. Appena tre giorni dopo la commercializzazione europea infatti, l’America e il benessere occidentale sono sotto attacco: alle 8.46 dell’11 settembre il primo aereo centra la Torre Nord del World Trade Center di New York e cambia per sempre le nostre vite. Poi nel settembre 2008 arriva la più grande crisi finanziaria di tutti i tempi (ricordate la lezione di Gordon Gekko in “Wall Street: il denaro non dorme mai”?) e, infine, lo scorso anno tocca all’emergenza sanitaria Covid-19 annientare ogni certezza contemporanea.

Ciò nonostante, da quel 2001 in poi, la MINI imbocca una strada tutta nuova. Intanto il nome ora si scrive tutto maiuscolo per segnare anche graficamente la distanza generazionale. Non si tratta più soltanto di un’automobile, bensì di un brand completo, composto da modelli diversi, ciascuno con una precisa identità.

Ecco la storia. MINI in Italia accende i motori ufficialmente l’8 settembre del 2001, anche se l’attuale riedizione firmata dal BMW Group era già stata presentata al grande pubblico l’anno precedente al Salone di Parigi del 2000, mentre gli addetti ai lavori l’aspettavano già alla fine dei Novanta quando, mentre l’originale di Issigonis targata 1959 usciva definitivamente dai listini, l’arrivo di un nuovo modello era più volte stato sollecitato in seguito all’acquisizione di Rover da parte del BMW Group. Un primo assaggio si ha nel 1997, quando al Salone Internazionale dell’Automobile di Francoforte viene presentato lo studio della futura MINI Cooper: la ACV30 Monte Carlo è realizzata, dissero, per rendere omaggio al trentennale della vittoria nel Principato di Aaltonen su Mini Cooper S. Questa show car è però lontana dalla MINI che conosceremo, anche se a prima vista si capisce che più di una copia dell’originale sarà la reinterpretazione moderna di un concetto automobilistico ricco di tradizione. Il “progetto Mini”, inizialmente firmato dal designer Frank Stephenson e successivamente dal capo del design MINI Gert Volker Hildebrand, si concentrò infatti sul trasferimento nell’era automobilistica contemporanea non solo dei dettagli stilistici, ma anche dell’idea di base sviluppata nei primi anni della Mini di Issigonis. Compresi quei dettagli stilistici obbligatori come i fari rotondi, la griglia del radiatore esagonale, gli sbalzi corti e la famigerata caratteristica di guida etichettata go-kart feeling. Colorata, irriverente, relativamente semplice ma sofisticata il giusto, la nuova MINI proietta quindi il progetto rivoluzionario di allora verso un’altra rivoluzione: portare nel segmento delle auto piccole il concetto di ‘premium’. Era l’alba di un nuovo Millennio carico di aspettative, con la tecnologia che aveva ormai assunto un ruolo predominante e con la società in procinto di affrontare un cambio di passo a una velocità mai vista prima. Anche se, va ricordato, in quegli anni Internet andava ancora a 56k, i telefoni cellulari erano “mini”, nel senso che premiavano la miniaturizzazione e servivano giusto a telefonare o poco più, e là, nella Valley, Mark Zuckerberg e i suoi amici della new economy stavano ancora attrezzando i loro famosi garage. Lo sviluppo della nuova MINI 3 porte di serie e il rilancio del marchio erano ormai nell’aria. Quando nel 2001 arriva la nuova MINI, indicata con la sigla R50, siamo di fronte a un’auto (nata) analogica con dinanzi un destino digitale. In pratica, il nuovo modello è realizzato appositamente per rispondere alle crescenti esigenze del popolo del 21° secolo. È un’auto “trendsetter per un pubblico giovanile e per le donne”, come recita il comunicato stampa di allora in una forma che oggi farebbe discutere, ma coerente con il carico di emancipazione che quell’auto vuole portare con sé fin dal primo giorno. In fondo, se l’originale era stata l’auto simbolo degli Swinging Sixties, della libertà a tinte psichedeliche, la nuova generazione può certo esserlo per i millennial e gli echo boomer, con i loro codici, il loro linguaggio e le loro fissazioni post-moderne e pre-social. Non a caso, l’ecosistema MINI intercetta fin dai primi chilometri filoni creativi come design, moda, cinema, con cui dialoga e condivide interessi. La contaminazione è reciproca.

Poi Mini è sempre stata un’icona pop, così anche la nuova arrivata mantiene la “promessa” di trasferire quell’idea all’era moderna dell’automobile. Viene costruita nella storica fabbrica di Oxford e venduta in Inghilterra fin dal luglio 2001 e, quando a settembre arriva in Europa nelle prime tre versioni One, One de luxe e Cooper, è accolta da un buon mix di attesa, ansia da prestazione e scetticismo. I 100 concessionari italiani coinvolti però possono contare su almeno 2.200 nominativi di “interessati” raccolti durante le prime prove clienti in estate. Gli ordini si sommano in fretta, numerosi e la nuova MINI diventa addirittura uno status symbol. Il “progetto Mini” è compiuto e il BMW Group può concentrarsi sulla crescita della gamma. Allora nel 2002 è il turno della MINI Cooper S da 163 cavalli, nel 2003 debutta il motore Diesel sulla OneD e, l’anno successivo, insieme a un leggero restyling, arriva pure la prima variante Cabrio. Nel 2006 la famiglia si allarga con Clubman, Coupé e Roadster, finché nel 2010 il paradigma “mini” cambia ancora con il debutto della “grande” MINI Countryman 4 porte con 4 ruote motrici. È un crescendo inarrestabile che passa dalla terza generazione, nel 2014 debutta la prima cinque porte indicata come F56, alla MINI Cooper SE del gennaio 2020. La prima full electric che, aprendo la strada al futuro del marchio che verrà interamente elettrificato dal 2030, allarga gli orizzonti a veicoli sempre più grandi come la monovolume MINI Vision Urbanaut e apre un nuovo ciclo nella avvincente storia della MINI. 

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