L’ultima lezione di Gandini

La lectio magistralis al Politecnico di Torino del grande designer appena scomparso“L’auto deve essere progettata e pensata come un tutt’uno. Bisogna tornare a osare”.

Buon pomeriggio a tutti, grazie per essere presenti a questa cerimonia così significativa e sentita per me. Un luogo come questo, simbolo prestigioso della formazione di centinaia di migliaia di giovani nel corso delle decadi, mi riporta alla mente il contesto, completamente diverso e lontanissimo da quello accademico, in cui io mi sono formato (…). Il primo messaggio che voglio trarre da queste considerazioni e comunicare ai giovani futuri ingegneri e designer presenti oggi è: ricavate dalle limitazioni e dalle imposizioni un forte, caparbio e costruttivo senso di ribellione. In prima liceo, con i soldi che mi erano stati assegnati per acquistare un libro di traduzioni latine, comprai appunto Motori Endotermici di Dante Giacosa. Lo lessi, studiai, analizzai in ogni sua riga (…). Iniziai a disegnare, in un’epoca in cui la parola designer non esisteva in Italia (…). Il secondo messaggio che voglio comunicarvi qui oggi è: per progettare qualcosa di nuovo, è necessario conoscere tutto – tutto – ciò che è già stato realizzato in passato nel vostro settore. Conoscere la storia del design, e la storia delle innovazioni in generale – diciamo da Leonardo Da Vinci in poi – è un requisito obbligatorio per ogni futuro progettista. (…) Passarono ancora un paio di anni per varie ragioni e, a 26 anni, divenni il suo capo stilista. Un lavoro che ho sempre svolto in estrema autonomia, grazie proprio alla lungimiranza imprenditoriale e al coraggio di Nuccio Bertone. Penso sia difficile oggi immaginare una tale libertà di azione per un ventiseienne sconosciuto, ma Bertone aveva una capacità unica di riconoscere il talento e soprattutto di metterlo in condizione di esprimersi al meglio. Il terzo messaggio che voglio diffondere è: anche se all’inizio è difficilissimo, non smettete mai di cercare il posto di lavoro adatto a voi, le persone che vi valorizzano e mettono in condizione di esprimere capacità e talento. A questo proposito devo dire che io sono stato anche estremamente fortunato, perché gli Anni 60 sono stati un periodo straordinario per un designer, una congiuntura di fattori che mai si era verificata prima, e, nel campo dell’automobile, mai più si è verificata in seguito. C’era un desiderio di cose nuove, un’energia incontenibile, una mentalità rivolta al futuro e la convinzione che tutto fosse possibile. L’uomo è andato sulla Luna. Si respirava nell’aria qualcosa di diverso, che ha influenzatol’approccio a quasi tutto, automobile compresa. Che cos’è un’automobile? Siamo in un Politecnico, in un luogo di ricerca, di conoscenza e quindi non mi dilungo. L’automobile è un mezzo di trasporto. Di mezzi di trasporto però ce ne sono tanti. L’automobile è un prodotto costruito industrialmente e destinato alla vendita verso un individuo o un piccolo gruppo di individui, ad esempio una famiglia. Ma andiamo un po’ più in profondità. L’automobile è un oggetto industriale di facile diffusione e di conseguenza capace di influenzare abitudini, di creare fenomeni di moda, di agire sulle tendenze e sui gusti del pubblico. Qui possiamo chiederci allora che cosa sia il design nel campo dell’automobile, a cosa serva. È la parte della progettazione che introduce elementi volti a migliorare l’oggetto, a favorire il successo di un modello. Il design di un’auto è la sua prima forma di pubblicità. Il design è comunicazione. Fin qui è tutto molto vero, e anche un po’ noioso. Quello che fa dell’automobile qualcosa di straordinario non c’entra nulla con tutto ciò. L’automobile è un sogno, un desiderio, durato millenni. È per metà un tappeto volante e per metà una casa. È l’oggetto magico che ci dona la libertà di andare in un istante ovunque vogliamo, offrendo al tempo stesso protezione, riparo, spazio che si muove insieme a noi. È libertà. Individuale. Questa per me è l’essenza stessa dell’automobile, a cui si uniscono ancora tanti altri elementi emotivi. Un’auto è il piacere del possesso di un oggetto levigato, seducente, importante. È anche espressione del lato romantico della meccanica: ovvero l’estensione psicologica delle possibilità fisiche, il proseguimento di noi, del nostro desiderio di velocità, di forza, di perfezione. Di bellezza. E ancora, l’automobile è l’oggetto che più esalta l’unica vera invenzione dell’uomo, l’unico elemento non esistente in natura che l’uomo abbia aggiunto: la ruota. In natura esisteva l’aereo – gli uccelli; la nave – un tronco che galleggia; l’elettronica – il sistema nervoso. La ruota no. C’erano massi tondi, una rondella di tronco d’albero, che potevano rotolare, ma l’uomo ha aggiunto il perno, e da lì ha mosso il mondo. Come nasce un’auto? I presupposti di ogni progetto, oggi, sono: – Le indicazioni del marketing – Gli obiettivi da raggiungere – Le caratteristiche da affermare in quel modello: prestazioni oppure economia, innovazione o facilità di essere accolta dal pubblico – L’architettura complessiva – Il buon funzionamento del modello – Le dotazioni (a seconda della fascia di prezzo) – La sicurezza (vera o auspicabile) La funzione del designer in questo processo è – Estendere al massimo la gamma dei possibili clienti – Mettere in evidenza le caratteristiche tecniche, l’immagine di marca – Valorizzare il destinatario finale con il carattere, le prestazioni, la ricchezza o l’essenzialità degli allestimenti. – Avere una conoscenza chiara dei presupposti del progetto – Avere conoscenza critica del suo settore (storica e attuale) – Creare soluzioni emotive diverse a un problema pratico In quest’ultima frase c’è la funzione più importante del designer: provocare un sentimento, una seduzione, una reazione emotiva. Il designer deve riuscire a far sì che la personalità del proprietario sia rappresentata da quel particolare modello (in senso positivo spesso, a volte meno). Favorire questa azione di seduzione è compito del designer. L’automobile è un complesso equilibrio di equilibri. Ad esempio, una citycar dirà: “Sono facile, amichevole, simpatica, rispetto i pedoni, ispiro fiducia, sono gentile, valgo molto ma sono possibile, mi faccio benvolere”. Una sportiva estrema dirà: “Sono aggressiva, potente, veloce, difficile, ma riverbero il mio fascino su chi mi possiede”. Una grande berlina dirà: “Sono elegante, il mio proprietario è una persona importante, equilibrata, saggia”. E via discorrendo. Il designer è colui che fa parlare un’automobile. Un designer può anche scegliere il non stile (che è pur sempre uno stile), un modo per evitare il confronto: un’automobile volutamente disarmonica, massiccia, bruttina, ci dice: “sono unica, ho il mio carisma, mi sceglierà chi non vuole uniformarsi, chi non ha paura di essere diverso”. L’automobile, riassumendo, ha un ruolo sociale, culturale, è una parte significativa del contesto urbano e generale, è un oggetto che definisce le persone, che rinnova e attualizza un sogno antico di sempre. Da queste considerazioni comincia l’ideazione dell’auto nel suo complesso, con i primi disegni che sono un modo insostituibile per fissare le idee, per poi svilupparle su CAD, modelli e prototipi. Il quarto messaggio che vorrei emergesse da queste parole è: utilizzate la tecnologia per quello che è, cioè un mezzo per mettere in pratica delle idee. Ma non smettete di scrivere, disegnare, fare calcoli, creare schizzi su carta. La matita è un mezzo straordinario di connessione tra il cervello – le idee – e la realtà, e iniziare un progetto partendo da un foglio di carta e da una matita significa che c’è un’idea. Se non c’è un’idea originale, nessun prodigio tecnologico la può creare al vostro posto (…) Oggi più che mai l’automobile deve essere pensata e progettata come un tutto, mentre spesso si continuano a considerare l’interno, l’esterno, la meccanica come parti a loro stanti, quasi separate tra forma, tecnica e metodi di costruzione. Nella professione e nell’insegnamento del design si vedono trend più che idee. Lo stile insegue sé stesso, cercando di ripetere all’infinto le auto che hanno avuto successo. Dove si può innovare allora? Bisogna trovare il coraggio di cambiare. L’automobile è ancora oggi l’unico oggetto industriale per il quale viene costruito prima l’involucro e poi, con mille operazioni, vengono aggiunte le parti meccaniche funzionali, la strumentazione, gli arredi, i pezzettini, i rivestimenti. Un po’ come avviene con le navi in bottiglia. La mia ricerca delle ultime decadi è stata incentrata proprio su questo problema. Semplificare, ridurre a poche unità il numero di pezzi che compone l’architettura di un’automobile, utilizzare materiali che siano struttura e finitura al tempo stesso. (…) L’ultimo messaggio che desidero veicolare ai giovani è: osate. Battetevi per non fare mai ciò che qualcuno ha già fatto, non ripetete nemmeno voi stessi, trovate soluzioni, magari difficili, ma nuove. So che non è facile. Vedo le case automobilistiche odierne, in particolare se si occupano di prodotti di lusso, indulgere nella tentazione di realizzare prodotti sempre uguali, repliche infinite del proprio passato, mentre la strada giusta dovrebbe essere, per rispettare quel passato, non copiarlo mai, per non rovinarlo e al tempo stesso per mostrare il coraggio imprenditoriale e creativo di guardare avanti, di sostenere il vero ingegno, l’innovazione, l’avanguardia. Vi auguro un’epoca più vicina possibile in cui il cambiamento e il coraggio siano una voce obbligatoria nei piani di business delle aziende e nella strategia di ogni CEO. Io sono dalla vostra parte. (…) *Lectio magistralis, Marcello Gandini – Cerimonia conferimento Laurea honoris causa in Ingegneria meccanica – Politecnico di Torino

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