“noi realizziamo i sogni di chi cerca la libertà”

Galassi ceo Gruppo Ferretti tra anniversari e futuro:“Il segreto? Fare barche belle”

Alberto Galassi è un avvocato “modenese di nascita e internazionale per vocazione”. Qualcuno appassionato di calcio lo ha recentemente conosciuto in quanto membro del cda del Manchester City ed anche per il suo importante ruolo nel far entrare il Palermo nella galassia dei citizens. Ma essere modenese di nascita lo lega indissolubilmente non tanto al pallone quanto ad una terra impareggiabile eccellenza nei motori. Il suo tratto distintivo rispetto ai padri fondatori di motorland è che la sua storia manageriale inizia con i cieli, Piaggio Aero Industries, e prosegue con le acque, Ferretti Group, leader mondiale nella progettazione e costruzione di motoryacht e navi da diporto da 8 a 90 metri commercializzate con marchi Ferretti Yachts, Riva, Pershing, Itama, CRN, Custom Line e Wally. Definisce la sua squadra come una “legione romana di 1600 persone. Io sono fungibile, la nostra struttura aziendale è una vera e propria macchina da guerra” e non manca di ricordare che “siamo riusciti a fare un miracolo economico dal 2014 ad oggi grazie alle donne e dei giovani. La nostra forza è l’età media delle persone che lavorano con noi e tre donne sono direttori commerciali di nostri marchi. E’ un lavoro che richiede una grandissima fatica fisica. Bisogna viaggiare, essere sempre a contatto con i clienti, far sentire la propria presenza. Le persone si fidano della tua “faccia”. Non si vende niente senza una presenza fisica che è garanzia di serietà. Bisogna garantire sempre un grande servizio di post-vendita, essere presenti ai Saloni ed agli eventi.” 

Ci pensarono i fratelli Alessandro e Norberto Ferretti a fondare nel 1968 l’omonima azienda, che 3 anni più tardi iniziò a commercializzare il primo “motor sailer”. Poi l’evoluzione è stata impetuosa, nel 2021 il Gruppo ha chiuso con un valore della produzione di 898 milioni di euro e un utile netto cresciuto del 70% rispetto all’anno precedente. Da marzo 2022 Ferretti Group è quotato alla Borsa di Hong Kong. “Abbiamo cambiato modo di produrre e concepire le barche. Le facciamo con un’attenzione ai processi produttivi, ai costi di sviluppo ed alle esigenze del mercato in modo professionale ed asettico. Non è che seguiamo solo l’intuito del “Capo”. Nel senso che se l’avvocato Galassi vuole fare una barca a tutti costi, ma tutti gli elementi del mercato, del costo o del posizionamento dicono che l’avvocato Galassi si sbaglia io non ho il diritto di fare over right sul sistema. Questa è una cosa molto sana per la nostra Azienda.”

Quando Alberto Galassi iniziò questo viaggio, era il 2014, il marchio Riva faceva già parte del Gruppo. Cosa le disse l’Ingegnere quando lo andò a trovare per la prima volta? “Gli chiesi: Ingegnere me lo dà un consiglio? Che barche devo fare? Lui mi rispose: Alberto, falle belle.” Beh, consiglio molto diretto. Eppure non deve essere semplice gestire marchi di grande prestigio come questi contemperando la tradizione con l’inevitabile spinta alla modernità. “Noi festeggiamo nello stesso anno i 180 anni di Riva, i 60 anni di Aquarama e i 100 anni dalla nascita di Carlo Riva. Quando hai a che fare con la gestione pro tempore di un mito devi stare molto attento, devi preservarlo, farlo crescere. Non possiamo negare il valore immenso, l’apporto insostituibile che la maestria italiana fornisce ai nostri prodotti.” 

Un lavoro complicato? “La vita è tutta un equilibrio sopra la follia – cita Vasco Rossi l’avvocato Galassi. Noi danziamo sul ghiaccio sottile. Lo spessore di questo ghiaccio è dato dal fatto che dobbiamo gestire le aspettative di tradizione che ti impediscono di fare progetti scellerati per rispondere ad esigenze di un mercato emergente tralasciando la tua base culturale. Dall’altra parte però non si può ignorare il fatto che il mondo va avanti. Mille volte ci hanno chiesto di riprodurre l’Aquarama. Mai! L’Aquarama (che nacque dal genio di Carlo Riva nel 1962, ndr) finisce con l’ultimo esemplare che oggi è al Museo Riva. Finisce con il pensionamento dell’ultimo Maestro d’ascia. Non saremo noi l’azienda che fa queste cose. L’equilibrio è possibile solo conoscendo bene la storia. Se sai che lo stilema appartiene a questo marchio e che da questo stilema non può prescindere tu riesci ad evolvere. Se ti metti a fare il progetto “paciugo”, come diciamo noi a Modena, cioè il mischione di tutte le possibili tendenze di mercato appiccicandoci sopra un marchio che ti permette un posizionamento alto di prezzo e un’immediata riconoscibilità, perché i nostri sono brand che hanno un appeal innegabile nel mondo, sei condannato a vivere molto poco.“ 

Chi sono i vostri clienti? “Lo zoccolo duro è tradizionale e competente. Poi è chiaro che ci sono anche i nuovi ricchi che magari emergono da nuovi mercati e lo fanno in maniera molto rapida e si interessano ai nostri marchi perché ne comprendono il valore e il significato. Ma questi soggetti non rappresentano la base della nostra clientela, che è competente, sa cosa compra, sa cosa vuole e sa perché lo compra.” 

Esiste una “barriera all’ingresso” ed è certamente economica. I prodotti di Ferretti Group non sono per tutti. C’è anche una barriera etica? Ovvero chi si avvicina a voi deve rispettare standard particolari per non recare in qualche modo danno al marchio? “Sì e no – risponde deciso Alberto Galassi. Dipende dal mercato, non esageriamo. Abbiamo clienti che si affacciano sulla scena della nautica così come ci sono quelli che si affacciano sulla scena dell’automotive. Molto di tutto ciò è dato dal fatto che c’è una grande richiesta a fronte di una limitata capacità produttiva. E allora questo permette di scegliere. Come facevano allo Studio 54 di New York. Tutti vogliono entrare e c’è chi fa selezione all’ingresso. Tu sì, tu no. In base a parametri oggettivi, collezioni, precedenti acquisti. Insomma, la capacità di mantenere alto il valore del bene e non svenderlo. Questo è possibile in un momento del genere. Se mai il vento dovesse girare, questa assunzione di base potrebbe cambiare. Tornando allo Studio 54, dopo i buttafuori può essere che servano i buttadentro. Dipende dal momento.” 

A proposito di momento, che momento è per la nautica in generale e per voi in particolare? “La pandemia ha fatto capire due cose. Ci è mancata la libertà e la gente che può permetterselo vede nella barca uno strumento di libertà, privacy e sicurezza. La seconda è la fragilità dell’esistenza. Molti nostri clienti non sono dei ragazzini che arrivano dalla new economy, rockstar o calciatori professionisti, piloti di F1 o attori. Ci sono molti imprenditori che si sono fatti da soli ed hanno passato i 50. La pandemia li ha portati a pensare di accelerare il processo di scelta per l’acquisto di una barca. Si sono chiesti: cosa sto aspettando per realizzare il mio sogno? Orologi, auto sportive ed arte contemporanea, case al mare e barche.” 

Quindi è un mercato che non sente effetti di una crisi come altri settori che presto o tardi si troveranno a doversi confrontare con scenari diversi. “Vendiamo barche in 78 Paesi del mondo e a parte aver perso il 3% del fatturato dalla mattina alla sera (ma di fatto non ce ne siamo nemmeno accorti perché questi clienti sono stati tutti prontamente sostituiti) a causa della guerra tra Russia e Ucraina non abbiamo cedimenti. Anzi, continuiamo a ricevere ordini su ordini. Siccome siamo un’azienda globale vediamo che in tutto il mondo non c’è un accenno al rallentamento. Poi aspettiamo di sapere come andrà l’inverno e come saranno i costi energetici. Sembra che ci siano due economie. Una, per pochi, che continua ad arricchirsi ed una che soffre.” 

Come impatta nel vostro mondo la necessità di essere sostenibili e quindi di navigare verso una transizione green che, ad esempio nel mercato delle automobili, ha visto una decisa virata verso l’elettrico? “Svilupperemo un motore a propulsione ibrida entro il 2023. Lanceremo per la prima volta il Riva elettrico, motoscafo con autonomia essenzialmente lacustre. Stiamo soprattutto sviluppando le cellule combustibili con una controllata canadese che ci darà la tecnologia necessaria. Il tema non si può ignorare, la direzione è quella, le normative stanno diventando più stringenti e noi siamo in anticipo sull’applicazione delle stesse. Le faccio un esempio. Ci sono dei filtri che vengono messi in sala macchine e comportano maggiore dimensione della stessa sala a scapito dell’abitabilità interna. Che quindi viene ridotta. Abbiamo dunque ridisegnato delle barche affinchè possano ospitare questi filtri, che saranno obbligatori dal 2023. Noi questa cosa l’abbiamo prevista e messa in atto tre anni prima.”

Un percorso che potrebbe essere simile a quello dell’automotive…? Alberto Galassi anche qui è molto deciso. “Mi auguro che la situazione non sia cosi “tranchant” nel mondo dell’automotive perché il costo che l’Italia dovrebbe pagare sarebbe insostenibile a fronte di una risibile riduzione delle emissioni. Il vero tema è: vogliamo andare elettrici o vogliamo ridurre le emissioni? Se vogliamo la seconda ci sono mille modi più economici e più sensati, più fattibili e più realisticamente realizzabili rispetto all’andare di colpo, tutti, con il trasporto auto elettrico. Quando il mondo politico capirà che stiamo parlando di un ologramma applicabile con un costo sociale insostenibile probabilmente cambierà opinione.” 

La nautica come sta affrontando questo tema? “In modo un po’ più razionale e meno demagogico. E’ chiaro che non puoi ignorare il tema, devi esserci e fare una proposta complessiva ai tuoi clienti. Che saranno liberi di scegliere quale tipo di propulsione vorranno sulla loro barca. Noi abbiamo fatto il Wally 43 che ha tutto l’hard top a pannelli solari che permettono l’alimentazione quando si sta in rada per, ad esempio, lo stabilizzatore o l’aria condizionata. Ma non stiamo parlando di andare elettrici da Castellamare di Stabia a Palermo. Siamo seri, si tratta di buon senso. L’elettrico così come viene presentato ha una evidente certezza di costo, a parer mio insostenibile, ed una totale incertezza di risultato.“ 

Torniamo ai modelli delle vostre barche. “Mediamente ne facciamo 5 o 6 all’anno. Entrano sul mercato modelli molto grandi. Abbiamo appena lanciato il Custom Line 140. È una nave di 43 metri planante trideck. Il Riva 102 Corsaro Super (33 metri), il Riva 130 che variamo a fine luglio. Il mondo della nautica sta andando verso dimensioni sempre più grandi e noi siamo assoluti protagonisti di questa fase. Non ci dimentichiamo ovviamente dei “piccolini”, abbiamo il Riva Anniversario che è un gioiello prodotto in 18 unità, sette delle quali sono state vendute prima ancora che la barca fosse vista, che rappresenta un tributo ai 60 anni dell’Aquarama (a cui si ispira in maniera importante anche se ribadisco: non rifaremo mai l’Aquarama!) e ai 180 anni di Riva. L’età media dei nostri prodotti è inferiore ai 3 anni, il design è rigorosamente italiano e ogni anno abbiamo nuove proposte. Ovviamente il tutto unito al fatto che le barche le sappiamo fare…”. 

Chiudiamo con il film celebrativo che ha visto protagonisti David Beckham, Pierfrancesco Favino e…Charles Leclerc. “Io nasco nel dicembre del 64. Nel 1971 nasce la serie tv “Attenti a quei due” con Roger Moore e Tony Curtis. Quando decidiamo di festeggiare gli anniversari legati a Riva dico solo che non voglio sentir parlare di spot. Non ne abbiamo bisogno. Facciamo un film. Eravamo a Venezia. Dico: facciamo “Attenti a quei due”. Bisogna trovare “quei due”. David è un nostro grande amico e cliente. Gli parlo. Lui dice che non è un attore. Quando gli dico “the Persueders” lui risponde “Alberto, I’m in”. Il colpo di genio poi è stato avere Charles. Ma la cosa più simpatica è il finale. Ci chiediamo: e il finale? Salta su Favino e dice: facciamo il finale con le macchinine. Standing ovation di tutti. Ci siamo divertiti un mondo. Nel backstage ad un certo punto sfido Leclerc ad una gara con le macchinine, tipo quelle delle piste Polistil. Pronti-via e lui sembra stracciarmi. Adesso, Charles, mi hai rotto…tu sei un drago in F1 ma sulla pista Polistil il drago sono io. Facciamo la gara. Vedo che la sua va di più. Ma io non posso accettare di perdere. Mi accorgo che la sua ha le spatoline davanti perfettamente aderenti che gli danno più grip. Adesso, mi dico, devo cambiare le macchine (erano entrambe rosse, quindi uguali. Nel film poi le colorazioni sono postprodotte). Lui si distrae un attimo, io gli prendo la sua e gli do la mia. Ripartiamo con la gara e subito gli vado via. Lui, chiaramente in ritardo, ferma la gara e dice, indicando la mia macchinina: questa ha più grip. Eh certo, è quella che avevi tu prima…che mi hai fregato….” Impresa smargiassa dell’Avvocato che, come il suo giovane rivale pilota di F1, a perdere proprio non ci sta….

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