Anche il sedile ora va servito al dente: le ricerche sul riso

Nei laboratori Seat si lavora anche sulla lolla per creare tessuti riducendo il consumo di Co2

Lolla di riso

Lolla di riso

La spinta verso l’innovazione che, ora come mai prima, pervade l’industria automotive di tutto il mondo si concentra, naturalmente, sulle nuove tecnologie, soprattutto quelle della mobilità elettrica ma non solo. La necessità avvertita sempre più prepotentemente in parte per motivi etici ma, spesso e più pragmaticamente, per ragioni economiche e fiscali, che impone ai costruttori di ridurre drasticamente l’impatto sull’ambiente sia delle auto che dei processi di produzione implica una totale rivisitazione dei paradigma sin qui consueti.

Diventa così imperativo, ad esempio, preoccuparsi del fine vita delle auto facilitandone lo smaltimento col minore impatto ambientale possibile ma anche la fase della costruzione e della scelta dei materiali diventa determinante per abbattere emissioni, costi e conseguenze per la salute del nostro pianeta.

Non è certo da oggi che le case automobilistiche affrontano le sfide della ricerca sui materiali utilizzati nella costruzione dei propri modelli ma ora gli obbiettivi si sono spostati in modo significativo verso, appunto, la sostenibilità. Ne offre un buon esempio una recente ricerca della spagnola Seat che sta sperimentando, pensate, una materia che di norma viene considerata uno scarto della lavorazione del riso da utilizzare nella costruzione di alcune parti degli interni delle sue auto a partire dalla prossima generazione della Leon

Nei laboratori di ricerca di Martorell, a due passi da Barcellona, si lavora infatti sulla lolla di riso, uno scarto della lavorazione di questa gustosa graminacea. La lolla rappresenta circa il 20 per cento del raccolto totale del riso quindi qualcosa come 140 tonnellate sulle 700 complessive raccolte ogni anno nel mondo. Gli studi compiuti dai tecnici della Seat sembrano dimostrare che, grazie a un processo di trasformazione specifico, la lolla possa essere trasformata in Oryzite, un componente che può venire miscelato con altri composti termoplastici ed essere utilizzato per numerose componenti degli interni delle auto.

Uno dei principali vantaggi di questa tecnologia, oltre alla riduzione del peso delle componenti con esso realizzate, è la notevole riduzione di Co2 prodotta con questo processo. Da un punto di vista pratico la nuova tecnica potrebbe essere impiegata per realizzare parte dei sedili ma anche del cielo delle vetture così come del rivestimento interno del portellone posteriore e della copertura del pianale di carico del portabagagli.

I primi risultati degli studi sembrano indicare che l’Oryzite sia in grado di soddisfare le severe prove di qualità e resistenza richieste dai componenti con essa realizzati. Prove impegnative se si pensa che, ad esempio, un pianale di carico del vano bagagli deve poter sostenere 100 kg di peso su un singolo punto per poter essere approvato.

Insomma, le auto che siamo chiamati a guidare sin da domani mattina saranno sempre più distanti da come ci ricordiamo le auto di ieri e forse anche di oggi. Saranno sempre più spesso “alla spina” ma anche profondamente differenti nelle tecnologie e nei materiali con il chiaro obbiettivo di risparmiare le offese degli eccessi di Co2 all’atmosfera e di rivedere in ogni aspetto la relazione fra automobile, ambiente e società.

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