Da “SQUID GAME” all’auto, l’avanzata pop coreana

Kia con la EV6 conquista per la prima volta il “Car of the Year”Nativa elettrica è il manifesto della casa per la mobilità del futuro

Sul gradino più alto dell’Auto dell’Anno sale il crossover elettrico EV6 che supera le sette finaliste, suggellando il viaggio di conquista del costruttore, da tempo impegnato a promuovere la propria immagine allo scopo di strizzare l’occhio al pubblico di casa nostra. Un percorso lungo, virtuoso e fatto di programmazione, com’è d’uso fare là a quelle latitudini dove nulla, o quasi, viene lasciato al caso. Dicono che i coreani, fissato l’obiettivo, lo seguano senza lesinare sforzi, investimenti, ricerca, sviluppo. Un ciclo virtuoso che ha permesso a Kia di avvicinarsi all’Europa come voleva, un passo dopo l’altro, negli anni, seguendo una timeline ideale di conquista e viaggiando su vetture affidabili, forti di ben 7 anni di garanzia. E poi economiche, o almeno all’inizio lo erano più di altre, piacevoli fuori e dentro. Automobili che recentemente sono diventate anche prestazionali e, ora, connesse e tecnologicamente avanzate, colmando anche l’ultimo gap oggettivo che le separava dalle proposte occidentali.

EV6 è un’auto manifesto: è la prima nativa elettrica di Casa e porta con sé l’obiettivo ambizioso di arrivare nel 2030 a 4 milioni di veicoli elettrificati l’anno. Per offrire la base ai numerosi modelli che serviranno a raggiungere tale obiettivo, EV6 viene già realizzata sul tecnologico pianale E-GMP, quello condiviso con la “cugina” Hyundai Ioniq 5, giunta terza al Coty 2022. In fondo, l’unione fa la forza. 

Intanto, questo crossover pensato fin dall’inizio per rendere la mobilità elettrica attraente, pratica e accessibile, promette un’autonomia rilevante e una capacità di ricarica ultrarapida. Il tutto, arredato con interni spaziosi e high-tech, proprio come vuole ogni odierna fissazione. Con questo perimetro esistenziale, EV6 supera i confini della diffidenza di un certo pubblico prima e quelli geografici poi, (im)portando anche qui da noi le sue logiche di qualità, design, affidabilità, tecnologia. Proprio le virtù che quest’anno il Coty ha deciso di premiare. Questa è infatti la terza EV a vincere nelle ultime edizioni al Car of the Year, confermando un trend sempre più favorevole al nuovo paradigma di mobilità. Piuttosto, lascia riflettere la geografia dei voti, arrivati a Ginevra (sede della premiazione) in maniera difforme, a dimostrazione di un certo scetticismo residuo rispetto alla marca o al modello (?). In ogni caso, negli ultimi anni le automobili coreane hanno incontrato sempre più i favori dei clienti anche nel Vecchio Continente, conquistando un pubblico abituato bene da sempre, grazie alle veloci e affascinanti auto italiane, alle robuste e affidabili tedesche, alle inglesi cariche di fascino e tradizione. 

Il mondo dell’automotive però oggi guarda al futuro più che mai, spinto da impulsi che non si incontravano dai tempi di Balla e Marinetti. Quindi si apre alle soluzioni più che ai blasoni, come dimostra il Car of the Year 2022 attribuito al brand sudcoreano che, a onor del vero, ci era già andato vicino nel 2018 con la Stinger, poi nel 2019 con la Ceed, giunta terza. Un risultato di tutto rispetto per un marchio giovane come Kia che produce auto “solo” dal 1944. Una storytelling commerciale simile a quello toccato alle vetture giapponesi negli anni Novanta, la Micra vinse nel 1993, sbarcate in Europa a consacrazione dell’intera società nipponica. A quel tempo sempre più riconosciuta a livello internazionale e spinta dai grandi produttori d’elettronica di consumo: i colossi Sony Corporation, Matsushita Group, Canon, entrati nelle case di milioni di persone in tutto il mondo, avvicinando con un clic popoli e culture. Un po’ quel che succede oggi con la Corea del Sud, protagonista sulla scena mondiale con i suoi smartphone e gadget elettronici, con le alghe e i prodotti per il beauty, con la K pop che influenza lo stile di vita degli adolescenti giapponesi. Contamina i paesi vicini con le produzioni televisive, intercetta e seduce l’Europa con una prorompente produzione cinematografica d’autore e non solo. Lo dimostra il fenomeno Squid Game, la serie sudcoreana firmata Netflix su un gioco di sopravvivenza, distante dalle romantiche tinte del k-drama a favore di una narrazione survival ricca di colpi di scena, diventata in poche settimane una delle produzioni più viste nel mondo. Psy e il suo Gangnam Style sono ormai lontani, ma la cultura pop di Seoul è sempre più imponente e affascinante. Un fenomeno globale del nostro tempo. 

Così, mentre a New York le grandi case d’asta battono a prezzi da record le opere di giovani artisti sudcoreani, la success story dell’economia e della società sudcoreana cresce e non smette di stupire: nel corso di pochi decenni il Paese è passato addirittura dal sottosviluppo alla condizione di dodicesima economia mondiale. La quarta dell’Asia, dopo Cina, Giappone e India. 

Comprendendo anche i sobborghi, Seoul è oggi una metropoli di 25 milioni di abitanti, Ha i profili di una città del futuro, circondata da campagne verdissime e risaie prospere. Luoghi dove passato e presente si fondono in armonia. Nella zona a sud del fiume Han, la più nuova perché ricostruita nei Settanta, coesistono grattacieli e case tradizionali. La tradizione invece è maggiormente preservata nella parte della città dove resistono ancora templi del 1300 che sbucano all’improvviso dall’ombra di palazzi ultramoderni. Un contrasto forte, rivolto al futuro senza necessariamente squalificare (del tutto) il passato. Un po’ come accaduto, quest’anno al Car of the Year.

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