Dal Mit al Meet: l’auto serve per valutare la sicurezza

Da Ratti a Internullo, ecco le ricette per migliorare le città del futuro: il primo passo sarà quello culturale

Around Mobility

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La mobilità sta vivendo una rivoluzione, come col motore a scoppio. Per comprenderla, un laboratorio perfetto è il Meet, il primo centro internazionale di cultura digitale in Italia, aperto a Milano da pochi mesi. Inaugurato virtualmente lo scorso ottobre causa pandemia, quasi un atto di fedeltà al suo nome, tra le iniziative con cui si sta presentando dal vivo c’è Around Mobility. Un ciclo di appuntamenti partito il 9 giugno che, fino a ottobre, tratterà la transizione del trasporto urbano nell’èra elettrificata e automatica. L’iniziativa è nata dalla partnership tra Peugeot Italia, rappresentata dal direttore generale Salvatore Internullo, e la fondatrice del Meet, Maria Grazia Mattei. L’ospite del primo incontro è stato Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del Mit di Boston. Presente anche Marco Granelli, assessore alla Mobilità di Milano: l’alleanza tra pubblico e privato serve a convincere i cittadini della necessità di un nuovo modo di muoversi in città.

It’s time to change” è, non a caso, il claim dell’evento. La possibilità di cambiare deve essere però accessibile. “Il concetto di neutralità tecnologica è essenziale”, sostiene Internullo, “non possiamo pensare di imporre la nostra visione senza offrire alternative”. Da una parte, la curva della crescita di auto elettrificate si sta impennando. Secondo le stime di Internullo, oggi in Italia la loro vendita mensile è pari al 10 per cento sul totale dei veicoli venduti (fino al 2019 era il 2 per cento). Con questa tendenza e nuove agevolazioni politiche, come bonus e permessi per le Ztl, “entro il 2030 un’auto su due in Europa sarà elettrificata”. Dall’altra, va incentivato anche il ricorso alla micro-mobilità, alla sua diversificazione e allo sharing. “L’utilizzo di biciclette e monopattini è in costante aumento”, assicura Granelli, “è fondamentale che lo sia, soprattutto per tratti brevi”. La diffusione di questi mezzi per la riduzione delle emissioni inquinanti è solo una parte di un orizzonte più esteso. Automobili e compagnia possono essere anche piattaforme di raccolta di dati urbani, attraverso cui studiare le città e migliorarne la vivibilità. “I nuovi veicoli sono sempre più intelligenti, possiedono sensori che raccolgono ogni informazione”, spiega Ratti. Uno dei suoi lavori al Mit mostra come una di queste macchine, percorrendo più volte un ponte, possa coglierne e misurarne le vibrazioni, dando indicazioni sul suo grado di pericolosità. “Abbiamo iniziato dal Golden Gate a San Francisco e stiamo proseguendo sia negli Usa che in Italia con Anas, si tratta di un metodo economico, un primo grado di analisi dal quale, in caso, partire per effettuare controlli più severi”. Auto che valutano la sicurezza delle infrastrutture su cui viaggiano, ma anche bus della spazzatura che a New York misurano la qualità dell’aria su tutta la superficie urbana. “Oggi si usano centraline i cui valori sono condizionati dalla posizione, con uno strumento mobile si ha un quadro più completo, soprattutto nelle zone più affollate”. Le stesse vetture a guida autonoma non saranno un vezzo tecnologico, ma una chiave per concepire una città più a misura d’uomo. “Le nostre auto sono in sosta per il 95% del tempo, con una guida autonoma in grado di muoversi liberamente, potremmo ridurre i parcheggi e convertirli in spazi più utili per la comunità, aree relax o parchi”, afferma Ratti. Margini sterminati entro cui muoversi. Per raggiungerli, il primo step da compiere è culturale. Non considerare più l’automobile come fulcro della propria esperienza urbana, ma un elemento da integrare in un sistema variegato e, per questo, più sostenibile. “Le nuove generazioni”, afferma Internullo, “lo hanno già capito”.

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