Le auto intelligenti per città più sicure

L’intelligenza artificiale da sola non azzererà gli incidenti va aiutata a individuare pedoni, cicli, moto e monopattini.

Secondo la National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), il 94% di tutte le collisioni è dovuto a un errore umano, quindi, naturalmente l’aspettativa è che veicoli autonomi (AV) porteranno a tassi di collisione inferiori, in generale, e in particolare a incidenti pedonali contenuti, rimuovendo l’incognita umana dall’equazione. Tuttavia, le sfide che i pedoni, e non solo, pongono agli stessi veicoli a guida autonoma sono piuttosto complesse. I percorsi pedonali sono scarsamente censiti e presentano molteplici ostacoli. L’interazione delle auto a guida autonoma con motocicli, pedoni, animali, biciclette o monopattini è un grande e complesso fattore di rischio, in un ambito caratterizzato, ancora, da un vuoto normativo. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di una ricerca del Connected Motorcycle Consortium, nel quale collaborano le principali case motociclistiche, i produttori di sistemi elettronici per veicoli e diversi atenei. Dal lavoro, intitolato “PTW Conspicuity”, è emerso che man mano che i conducenti si sentono a proprio agio con l’impiego di ADAS (sistemi avanzati di assistenza alla guida), tendono a fare più affidamento su questa tecnologia e a prestare meno attenzione alla strada, ma, in considerazione delle loro dimensioni ridotte, i veicoli a due ruote a motore (PTW) richiedono un particolare sforzo per essere visti dagli altri mezzi. La piccola sezione trasversale dalla parte anteriore o posteriore delle motociclette può causare difficoltà per l’ADAS delle autovetture nel rilevarle. Durante la sperimentazione, facendo avvicinare un’auto a una moto ferma, la vettura ha dato un allarme tardivo al conducente nel 44% dei casi e nel 24% non lo ha minimamente avvisato né ha frenato. Se l’auto si avvicina a una moto che viaggia più lentamente, invece, gli allarmi falliscono nell’8% dei casi. Ma il guidatore, arrivando inevitabilmente ad affidarsi completamente all’ADAS, riuscirà ad evitare questi sinistri? Poco probabile. Lo studio ha evidenziato come le moto siano viste tardi, nel relativo avvicinamento ad un’auto, quando non sono al centro della corsia di marcia, o quando seguono un veicolo più grande, rimanendone in scia. Gli AV combinano una varietà di sistemi per percepire l’ambiente circostante, come radar, lidar (un raggio laser molto raffinato, e costoso), GPS, telecamere di assistenza alla guida e pilota automatico, oltre a sensori per rilevare eventuali guasti. Ci sono auto dotate di radar costosi e altre che hanno solo telecamere. È di poche settimane fa la notizia che Tesla, che fa affidamento solo sul suo sistema di vista artificiale (Tesla Vision) abbia richiamato più di 362’000 auto dopo che le autorità governative di regolamentazione hanno scoperto che il suo sistema di assistenza alla guida Full Self Driving aumenta il rischio di incidenti. L’ADAS di Tesla, che può sterzare, accelerare, frenare e cambiare corsia da sola, consente ai veicoli di viaggiare al di sopra dei limiti di velocità legali e attraversare gli incroci in “maniera illegale o imprevedibile”, secondo l’NHTSA. Le informazioni sensoriali rilevate vengono interpretate al fine di identificare percorsi di navigazione appropriati, posizione in tempo reale e ostacoli, pedoni o ciclisti, con lo scopo di mantenere l’auto a distanza di sicurezza e ridurre in qualche modo il rischio di un incidente stradale. Pedoni e ciclisti sono allertati da suoni provenienti dall’auto, e la loro sicurezza è garantita tramite l’impiego di moduli di comunicazione V2V (Vehicle-to-Vehicle) a lungo o corto raggio (infrarossi, Li-Fi) e strumenti di comunicazione V2X (Vehicle-to-Everything). La tecnologia V2X si riferisce alla comunicazione diretta tra veicoli e tutti gli altri componenti della strada, come monopattini, pedoni e infrastrutture, e consente alle auto di condividere informazioni sulla loro velocità, posizione e direzione, oltre a ricevere ragguagli in tempo reale sulle condizioni stradali, permettendo anche di mitigare una collisione a bassi rischi. Essa richiede un forte salto nella qualità delle reti di trasmissione dei dati, a partire dal 5G, standard indispensabile per soddisfare i requisiti delle molteplici applicazioni verticali previste dalla tecnologia, tra cui che l’AV sia connesso. La traccia radar di una bici, di un monopattino o di una moto un po’ decentrati rispetto al centro della carreggiata è decisamente più debole di quella di un’automobile. Gli algoritmi vedono l’intensità di segnale e valutano se è sopra o sotto una soglia “di allarme” predefinita. Ci sono corpi piccoli che più facilmente finiscono sottosoglia e oggetti grandi che con più probabilità vanno sopra. La soluzione potrebbe essere quella di tenere questo limite basso, ma ciò genererebbe fenomeni di falso positivo, portando a frenate inutili, che potrebbero, a loro volta, risultare pericolose. In definitiva, il livello tecnologico attuale è tale per cui il guidatore deve sempre monitorare la situazione, senza distrazioni, quindi, nell’attesa di passare al livello successivo come si possono limitare gli incidenti? Come possono essere salvati gli “smobies” o “smartphone zombies”, pedoni con gli occhi incollati allo schermo dello smartphone che si aggirano per la città, incuranti dei potenziali pericoli, anche mortali, che corrono? Tra i Paesi europei, in Romania è stato rilevato il numero più elevato (83%) di chi ammette di usare lo smartphone mentre attraversa anche al di fuori delle strisce. Seguono l’Italia (67%) e la Spagna (65%). Prede facili per i limiti della guida autonoma! Una soluzione viene da Hong Kong, dove le luci stradali sono state posizionate sul marciapiede: le nuove luci emettono un bagliore rosso sulle strisce pedonali e sul marciapiede sottostante, allo scopo di far fermare le persone prima che entrino in strada. Dall’altro capo del mondo, ricercatori dell’Università della Carolina del Nord propongono di aggiungere colori ai semafori: “luci bianche/gialle” per dire agli AV quando coordinarsi per regolare il traffico. Concretamente, la luce bianca si attiverebbe ogni volta che un numero sufficiente di veicoli autonomi si avvicinasse al semaforo. La comparsa della luce bianca segnalerebbe a tutti gli AV di coordinare i loro movimenti per facilitare il traffico all’incrocio. I conducenti di veicoli convenzionali dovrebbero semplicemente seguire quelli autonomi. Se all’incrocio si trovasse un numero insufficiente di AV, la luce bianca tornerebbe ad essere gialla. Parallelamente, ricercatori dell’Università del Texas propongono che i semafori agli incroci siano sostituiti da server che controllino il flusso del traffico. Tuttavia, il modello studiato non incorpora altro traffico se non quello controllato dal server, il che lo rende irrealistico: tutte le applicazioni del mondo reale dovrebbero essere in grado di adattarsi agli imprevisti! Anche se tutte le auto fossero automatizzate, gli oggetti potrebbero cadere sulla carreggiata, persone o animali potrebbero entrarvi, i veicoli si guasterebbero, le comunicazioni potrebbero interrompersi e potrebbero verificarsi incidenti. Se si volesse rivalutare il concetto stesso di traffico, le strade di domani dovrebbero avere un aspetto molto diverso. Le piste ciclabili saranno ancora necessarie, se i conducenti “robotici” saranno in grado di osservare e adattarsi ai ciclisti, ovunque sulla strada? E i segnali? Con una rete automatizzata, essi potrebbero non essere più capaci di attirare l’attenzione umana. Dopotutto, i server che controllano gli incroci potrebbero essere completamente invisibili, i cartelli potrebbero essere sostituiti con RFID che annuncino limiti di velocità, cambiamenti delle condizioni stradali e limitazioni del traffico locale. Una rete di traffico che contenesse solo AV potrebbe apparire molto diversa da quella odierna. Anche l’uso dello spazio urbano potrebbe diventare più flessibile. I conducenti umani spesso dipendono dalla conoscenza di un’area percorsa abitualmente: se una strada c’era ieri, se la aspetteranno lì domani. I lavori stradali sono segnalati da luci lampeggianti, cartelli e barriere. Invece, tutto ciò di cui un AV ha bisogno per adattarsi al cambiamento è una mappa aggiornata e coordinate GPS. L’automazione, se progettata ed attuata con attenzione, potrebbe consentire una maggiore efficienza sulle strade, inducendo la progettazione urbana ad essere più focalizzata sui bisogni umani. Il paesaggio potrebbe essere completamente trasformato dalla presenza massiva di veicoli a guida autonoma, in un sogno tecnologico che riduca la congestione, prevenga i decessi e abbassi il nostro bisogno individuale di possedere un’auto. Eppure, i paesaggi stradali e il design urbano saranno probabilmente ancora riconoscibili, solo ridimensionati in modo diverso. Le strade dell’antica Roma, ancora in uso, ci mostrano come esse abbiano sempre risposto ai bisogni umani. Le strade di domani potrebbero disporre dell’arredo urbano in modo diverso, forse rendendo alcune aree più flessibili e altre più incentrate sull’uomo; il paesaggio urbano sarà ancora un habitat umano riconoscibile, costruito affinché le persone possano lavorare, giocare, viaggiare e vivere.

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