L’auto è anche cultura. L’eredità Macaluso

Monica Mailander e il progetto Sharing Historic Car Knowledge “Mi immagino un’Italian Motor Country che vada da Torino all’Emilia”.

Diffondere la cultura dell’automobile, preservarne e tramandarne la memoria, coltivare il futuro e aiutare i giovani talenti; la Fondazione Gino Macaluso per l’Auto Storica va in direzione contraria rispetto a chi pensa che le quattro ruote appartengano al mondo di ieri. Anzi, nella convinzione che l’auto sia alle soglie di un radicale cambiamento, organizza (e siamo al terzo anno) “Sharing Historic Car Knowledge”, un ciclo di lezioni che coinvolge gli studenti del Politecnico di Torino, del Politecnico di Milano, del MUNER (Motorvehicle University of Emilia-Romagna), dei corsi di Transportation Design dello IAAD e dello IED, dell’Itis “Amedeo Avogadro” di Torino, dell’Ipsia “Dalmazio Birago” . Come docenti delle precedenti edizioni si sono alternati nomi del calibro di Giorgetto Giugiaro o Mike Robinson in qualità di designer, piloti ed ex piloti quali Miki Biasion e Emanuele Pirro, ingegneri come Vittorio Roberti e Sergio Limone. In questa terza edizione il designer è Chris Bangle, lunghi trascorsi in Fiat e Bmw, oggi noto per essere promotore del progetto di installazione delle panchine giganti nelle Langhe. Il cuore di questa iniziativa è l’officina della Fondazione, che ospita il know-how dei meccanici e del Comitato Scientifico, composto da ingegneri, professionisti e piloti che hanno legato la loro carriera alle auto della Fondazione. La collezione di per sé è uno scrigno di bellezze senza eguali: basti pensare che tra i vari esemplari ci sono tutte le Lancia Martini Racing che scrissero pagine indelebili nella storia del motorismo sportivo e anche parecchie delle loro avversarie. Le auto sono funzionanti, ma in Fondazione non si mira a riportare gli esemplari in condizioni simili al nuovo, bensì a conservarne i segni del tempo. Niente ricostruzioni né musealizzazione, la cifra distintiva nasce dall’idea di automobile come arte in movimento tanto cara a Gino Macaluso, già – tra molte altre attività – presidente della Csai e vicepresidente della Fia. “Noi non siamo un museo – spiega Monica Mailander Macaluso, presidente della Fondazione – ma collaboriamo con essi, così come partecipiamo agli eventi più prestigiosi in tutto il mondo”. Da Goodwood a Pebble Beach, senza trascurare quelli italiani. Torniamo all’attività accademica e formativa: “Il progetto Sharing Historic Car Knowledge scaturisce da quel che Gino ci ha lasciato – prosegue Monica Mailander – dalla sua continua ricerca negli anni in cui si è occupato di motorsport e dalla sua costante attenzione ai giovani, dalla volontà di dare loro delle opportunità, creando delle scuole. Lo stesso fece, nella sua attività imprenditoriale, con i giovani orologiai in Svizzera”. Così sono nate le collaborazioni accademiche: “Cerchiamo di usare al meglio la nostra documentazione, la raccolta, la biblioteca. Soprattutto abbiamo auto che rappresentano la storia delle corse, rally e pista, del design italiano e non solo. In più abbiamo rapporti con gli ingegneri e con i piloti che quelle auto le le hanno progettate e guidate. Gli studenti possono toccare con mano gli esemplari in officina, mentre in aula possono discorrere con chi li ha pensati e disegnati. Si rivive la storia e si conoscono anche le motivazioni tecnico scientifiche che hanno determinato la natura di un progetto”. Il successo dell’iniziativa è stato incredibile: “Ogni volta che apriamo le iscrizioni, in venti minuti abbiamo il sold out”. I gruppi sono piccoli, quaranta studenti, ma i cicli si ripetono e alla fine i numeri sono importanti. Da Torino ci si è poi allargati: “Abbiamo cominciato un programma con il MUNER e la Motor Valley, un fiore all’occhiello nel nostro Paese; uno con il Politecnico Milano, più rivolto agli aspetti di marketing e comunicazione, con operazioni sempre molto concrete; via via si sono aggiunte le altre istituzioni accademiche. Inoltre abbiamo deciso di coinvolgere le scuole professionali. Usiamo la nostra officina e le sapienti mani che la dirigono e la portano avanti. E devo dire che si sono anche molto divertiti i docenti, da Giugiaro a Emanuele Pirro, da Alessandro Maccolini a Miky Biasion. Ora stiamo estendendo il progetto, quest’anno andiamo al Sud, in Sicilia e in Puglia, poi nel Lazio. Ci allargheremo, sempre portando gli studenti a Torino. L’obiettivo è diffondere la cultura del restauro, creare una scuola omogenea su tutto il territorio nazionale. E in questo siamo sostenuti anche da un grande sforzo dell’Aci. In Italia abbiamo un valore di cui spesso non ci rendiamo conto. In Piemonte ci sono design e engineering, in Emilia Romagna un unicum come la Motor Valley, in Lombardia centri di eccellenza straordinaria. E’ un patrimonio che dobbiamo valorizzare, vogliamo tramandare e radicare”. Un segno distintivo della Fondazione è l’internazionalizzazione: “Non vogliamo avere una dimensione solo nazionale né tantomeno locale. Siamo in contatto con il Regno Unito, i Paesi Arabi, gli Stati Uniti, il Giappone. E guardiamo verso nuovi orizzonti, penso a Cina e India ad esempio. Abbiamo in serbo delle sorprese, come la mostra per i cento anni dalla nascita di mio padre, focalizzando l’attenzione sulla sua attività di fotografo giornalista, già celebrata da pubblicazioni di prestigio come Car Graphic in Giappone”. Un lavoro che trova terreno fertile tra i giovani: “L’automobile è sempre un tema che appassiona, la mostra The Golden Age of Rally al Mauto ha avuto 160 mila visitatori. L’atteggiamento dei giovani è stato sorprendente, c’erano ragazzi che davanti alla Lancia Stratos urlavano per lo stupore”. Un ponte tra un prima e un dopo è costituito dai simulatori di guida e dal mondo delle sim race. “Abbiamo prestato le nostre auto per la realizzazione dei modelli virtuali, sono nuovi scenari che si aprono”. Quale sarà il futuro della Fondazione? “Ci piace immaginare un Italian Motor Country, che vada da Torino sino alla Motor Valley abbracciando Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna. Di fatto un grande polo attrattivo a livello internazionale. Non crediamo alla concorrenza tra aree italiane che hanno vocazioni diverse e complementari, ma alla collaborazione”.

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