STOP a benzina e diesel ma nel 2035 non è possibile

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Scudieri (Anfia): “Una scelta che costerebbe 70 mila posti di lavoro”.Crisci (Unrae): “ E’ necessario programmare e definire una strategia”

Tanto rumore per nulla. Il Governo ha detto stop, anzi no, ne ha solo parlato. Ma il tema ha subito acceso i motori: dal 2035 in Italia potrebbe non essere più permesso vendere veicoli con motori endotermici. Per i cari vecchi motori tradizionali a benzina o a diesel la fine si avvicina e lo avevamo capito da tempo. Ma la data su cui si è discusso al Cite, il Comitato interministeriale per la Transizione ecologica, è davvero dietro l’angolo con tutte le conseguenze che una misura del genere provocherà. Una data che il mondo dell’auto non ha accolto bene, nonostante la maggior parte dei costruttori si stia già muovendo in quella direzione. Ma la scelta del 2035 come anno dello stop viene giudicata come troppo frettolosa, addirittura pericolosa. 

Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia, l’associazione nazionale filiera industria automobilistica, numero uno di Adler group fra i leader mondiali nel settore automotive ha le idee molto chiare a proposito. È abituato a correre in pista nel Ferrari Challenge e la velocità non lo spaventa, anzi. Fa andare veloci anche le parole: “E’ una presa di posizione estremamente slegata dalla realtà tecnologica, industriale e di attenzione al sociale”. Una bocciatura totale. Ovviamente motivata: “Non abbiamo infrastrutture in grado di supportare la produzione e la distribuzione di energia e una scelta del genere solo in Italia produrrebbe una perdita di 70 mila posti di lavoro diretti, oltre alle ripercussioni indirette. Un numero che in Europa porterebbe alla perdita di 800 mila posti di lavoro”.

Mancanza di lavoro significherebbe mancanza di stipendi, mancanza di quella ricchezza necessaria per poter garantire “un progresso sociale e quindi cura e vita dei giovani, istruzione e tutto ciò che è legato allo sviluppo della società civile”. 

Scudieri dicendo questo non vuole opporsi al progresso e alla transizione, ma sottolinea come sarebbe auspicabile una transizione dolce, programmata, meglio sostenuta dal Governo. “La transizione deve essere realizzata – continua – ma quello che contestiamo è la data, il 2035. La transizione va vista con una visione olistica, con un affrancamento di tutte le tecnologie che possano contribuire all’abbattimento del CO2. Tecnologie diverse come carburanti alternativi, sintetici o biocarburanti, così come l’idrogeno devono entrare in gioco. L’asticella va posta man mano che le tecnologie diventano pronte, applicabili, alla portata di tutti e in grado di offrire un’alternativa all’elettrico che non dominiamo. Ci vuole più tempo per raggiungere gli obbiettivi che non devono essere traumatici, ma condivisi, mantenendo il giusto equilibrio tra posti di lavoro, disponibilità infrastrutturale ed evoluzione sociale”. In Italia le ultime ricerche parlano di 2,7 colonnine ogni 100 km, contro 4,7 della media europea, siamo al 14° posto nel ranking del continente. Abbiamo ancora molto da fare in questo senso. Se poi andiamo a verificare la velocità di ricarica delle colonnine distribuite nel paese, la situazione peggiora ancora. Per arrivare ad un blocco totale dei motori termici nel 2035 bisognerebbe viaggiare ad altre velocità nell’implementazione delle strutture di ricarica.

“Il Governo fortunatamente non ha ancora deciso nulla. Ne ha soltanto parlato. M prevedere un blocco alle vendite di veicoli endotermici a partire dal 2035, potrebbe essere condivisibile solo se fosse accompagnata da investimenti pubblici per sostenere il settore automotive in Italia da qui ai prossimi 10 anni – conferma Michele Crisci il presidente dell’Unrae, l’unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, oltre che a.d. di Volvo Italia, musicista e tennista per hobby – La transizione ecologica si ottiene con i fatti, e finora nulla è avvenuto. La nostra richiesta è di non aspettare. Sederci attorno ad un tavolo già da gennaio e programmare definendo un’agenda vera, una strategia, una programmazione. La Legge di Bilancio attualmente in discussione in Parlamento poteva essere l’occasione per garantire a consumatori e imprese le risorse necessarie ad acquistare nuovi veicoli a zero o ridotte emissioni. Il Governo finora ha deciso di non investire su un settore comparabile a circa il 20% del PIL italiano. Inoltre, dopo i bellissimi messaggi sull’importanza di una mobilità sostenibile, nel Pnrr non è stato previsto nessuno stimolo alla domanda e il piano infrastrutture è ancora al palo”. Si aspetta fiduciosi. 

È inutile prenderci in giro. Prima di abbandonare i motori termici, bisogna fare un salto tecnologico. “Vogliamo costruire Giga Factory – aggiunge Scudieri – ma rischiamo di produrre dei mostri senza testa che non funzionerebbero perché oggi non abbiamo a sufficienza materie prime e tecnologia di trasformazione. Viviamo un momento in cui la geopolitica e il desiderio di dominare i mercati travalicano la saggezza. Non possiamo cancellare di colpo la cultura automobilistica europea. L’Europa dell’auto è evoluta e sta evolvendo, ma la transizione deve essere dolce”. 

“Al momento, per imprese e lavoratori italiani la transizione ha solo risvolti negativi, certe notizie generano tanta preoccupazione e un po’ confusione – aggiunge Crisci – indipendentemente dalla data che si deciderà di scegliere è necessario non aspettare il 2030 per programmare la transizione ecologica”. 

Anfia e Unrae indicano una strada da percorrere insieme. Non fanno barricate, sanno che la transizione è necessaria, ma ricordando che il settore automobilistico rappresenta l’uno per cento delle emissioni e che basterebbe ritardare di “quattro o cinque anni” il blocco, per arrivarci in condizioni migliori, senza ripercussioni così clamorose sull’occupazione. Intanto, se alla base del ragionamento c’è davvero la volontà di ripulire l’aria e il mondo, perché non appoggiare la sostituzione di un parco auto da euro 0 a euro 4 di 13 milioni di vetture che è obsoleto, inquinante e pericoloso? Sarebbe un primo passo importante e fondamentale. Come sarebbe fondamentale rivedere la fiscalità adeguandola all’Europa. Prima di spegnere i motori c’è altro da fare.

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