“La bicicletta è il futuro: ci regala anche un sorriso”

Brocci, il visionario inventore dell’Eroica: “L’unica soluzione seria è fermare il traffico fuori dalle città”

Giancarlo Brocci

Giancarlo Brocci

Bici, bici, bici. Si parla di traffico e inquinamento e città e viene fuori sempre lei, la bici. Ma è davvero la soluzione di tutti i mali? O per meglio dire, stiamo facendo realmente qualcosa perché lo sia? La risposta, per una volta, a un visionario: Giancarlo Brocci, 67 anni, l’inventore de L’Eroica, evento nato nel 1997 che ha salvato le strade bianche del senese e portato in sella decine di migliaia di persone che hanno scoperto o riscoperto il piacere di pedalare. È impegnato in una mattana delle sue: 450 chilometri in tre tappe. In bici, naturalmente. “Li abbiamo sofferti tutti, con questo bollore”, racconta. “Siamo partiti da Gaiole in Chianti, in 11, e siamo arrivati stasera a Cosseria, provincia di Savona, che è il paese natale di Luciano Berruti. Luciano è l’immagine più bella de L’Eroica, e domani è il quarto anniversario della sua scomparsa. Morì improvvisamente, in bicicletta, in modo assolutamente naturale. Rimarrà sempre la nostra icona, per gli occhi, il sorriso, la bontà e la sua bici, una Peugeot del 1907 che era un tutt’uno con lui”. 

Cosa pensa del fatto che oggi si parla della bicicletta quasi come di una panacea per le città? “Penso quello che ne pensava Alfredo Martini, che tanti anni fa mi disse: La bicicletta è il futuro. Chi pedala, sosteneva Alfredo, se lo guardi fermo a un incrocio o a un semaforo, ha quasi sempre il sorriso sulle labbra, sono quelli che sono in macchina che sono nervosi. La risposta ai problemi delle grandi città sarà sempre di più la bicicletta. Lo vediamo dalle città che si sono poste seriamente il problema dell’inquinamento: per evitare il soffocamento da traffico sono diventate ciclisticamente all’avanguardia. Come quelle del nord Europa, Londra o i grandi centri urbani del Nord America”. 

Come ci si arriva? “Bisogna disincentivare il più possibile l’uso dell’auto nei centri urbani, per esempio attraverso la difficoltà di trovare un parcheggio o il suo costo. Oggi poi c’è anche la bici elettrica, che ti consente di arrivare al lavoro senza avere l’esigenza di fare una doccia o doverti cambiare d’abito, e aumenta non di poco le percorrenze possibili”. 

Lei come immagina la città del futuro sotto il profilo della mobilità? “Nell’estate del 1988 scrissi un libro in cui mi ponevo il problema. Sostenevo che l’unica soluzione seria era fermare il traffico fuori dalle città e creare grandi parcheggi che fossero il capolinea delle automobili. Per arrivare in centro si sarebbero utilizzate navette di vario tipo o, appunto, la bicicletta. L’esempio deve essere quello di Venezia, dove l’auto la lasci fuori dalla città. Già quando studiavo medicina era chiaro che l’incidenza del tumore ai polmoni era molto più bassa nelle città senza traffico”

Complice la pandemia, abbiamo riempito l’Italia di piste ciclabili, però solo disegnate, non separate fisicamente dal resto della carreggiata. Stiamo portando più biciclette sulle strade, ma con il traffico e i rischi di sempre. “Quella di pitturare una striscia sulle strade di centri urbani caotici e definirle piste ciclabili è pura follia. È una cosa che può funzionare a Copenhagen, non da noi. Il problema è l’abitudine degli italiani a investire senza un quadro organico di riferimento. Quanti soldi sono stati spesi in queste ciclovie? E quali sono stati i risultati? Bisognerebbe domandarselo. Non per smettere di farle, ma per cominciare a farle per bene”. 

Si può dire che L’Eroica non sia soltanto un evento con le bici del passato sulle strade bianche, ma è il simbolo di un certo approccio alla vita? “Certo. L’Eroica ha creato un modo di interpretare la bicicletta, la vita, i rapporti umani. Produce gioia e amicizia, crea passioni e fa nascere le giuste nostalgie, in quanto ripropone ciò che i genitori o i nonni ci hanno raccontato in certi momenti della nostra vita. In poche parole, sta restituendo il ciclismo alla gente”.

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