“La burocrazia è il nemico dell’auto elettrica”

Parla Venturini, ceo di Enel X, che ha già installato oltre 13 mila punti di ricarica.“Ben vengano gli investimenti del Recovery fund, ma devono farceli spendere. In Italia servono troppi permessi per poter mettere in strada una colonnina.”

Francesco Venturini AD ENEL X

Francesco Venturini AD ENEL X

C’è grande fermento nel mondo dell’auto elettrica.

Apple e Hyundai potrebbero annunciare a marzo l’accordo per la costruzione di un modello a guida autonoma. Il tempo di cambiamento è impetuoso e chi saprà cogliere al meglio le nuove opportunità avrà vinto la sfida. Siamo andati, virtualmente, a trovare l’amministratore delegato di Enel X che ad oggi ha già installato 13 punti di ricarica pubblici, Francesco Venturini, per uno sguardo ampio sul mondo dell’elettrico. Abbiamo trovato un uomo carico di entusiasmo, con una visione chiara di dove sta andando la mobilità a livello globale.

Scoprendo anche che, secondo Venturini, il movente ecologico non è più il primo propulsore. “I primi che hanno comprato l’auto elettrica probabilmente avevano in testa questo, ovvero una buona azione per il mondo. Non è più così. Chi compra auto elettriche lo fa perché sono altamente performanti, hanno costi di manutenzione bassissimi e il livello di customer experience è enormemente più elevato rispetto alle auto con motori endotermici. E’ una scelta per la qualità del prodotto, non per motivi ambientali. Il sistema di ricarica deve essere di livello ed è quello su cui noi dobbiamo concentrarci al massimo. Non possiamo fallire da questo punto di vista. Si crea un ecosistema diverso, si va verso un mondo dove le rinnovabili spingono verso l’elettrificazione. Con abbassamento del costo della produzione di energia e meno problemi dal punto di vista dell’inquinamento.”

Facciamo un po’ di storytelling, Venturini. Viene raccontato bene quello che lei ha chiamato “ecosistema”? “Da un punto di vista della disruption che sta portando all’interno dell’industria in Italia se ne parla molto poco. Apple e Hyundai potrebbero fare questo accordo e sappiamo bene che quando si parla di guida autonoma poi si parla di elettrico. Le due cose sono estremamente legate. La forza del cambiamento si vede sia dal punto di vista di che cosa vuole il cliente, ovvero cosa cerca, sia da come glielo devi fornire. L’elemento di disruption più grande che porta l’elettrico non è tanto nella forza motrice ma nella quantità di digitalizzazione che si porta l’automobile e tutta l’infrastruttura che gli viene dietro. Questa parte di storia si racconta ancora molto poco. E’ qui che giochiamo la partita.”

Il 2020 è passato alla storia come l’anno della staticità, della “non-mobilità”. E’ stata un’occasione persa oppure c’è stata la possibilità di sfruttare anche questo cambiamento? “La pandemia ha permesso ad aziende come la nostra di recuperare gap di sviluppo. Tutto il settore ha avuto la possibilità di recuperare situazioni in cui era in ritardo. Noi abbiamo continuato ad installare infrastrutture e sviluppare tutti i software che ci servono per la nostra attività. Il 2020 ha permesso a una gran parte dell’industria che non era la Tesla di turno di tirarsi su le maniche e mettersi a lavorare. Da come noi abbiamo fatto in termini di redditività nel 2020 è stato un anno importantissimo”.

Dalla filosofia, pur fondamentale, scendiamo alla pratica. Parliamo di colonnine, di ricarica veloce. “Mettere giù un caricatore e una spina sofisticata non è difficile .-dice Venturini- La vera sfida è il passaggio successivo. Ovvero come utilizzi questa spina dal punto di vista digitale di interazione con l’asset automobile, con il tuo cliente e con la rete elettrica. Ed è questa una delle ragioni principali per cui Enel X esiste. Noi non sviluppiamo né vendiamo prodotti non connessi. Per noi è fondamentale che quella spina, quel caricatore, abbiano quel contenuto di digitalizzazione che ci permetta di combattere la battaglia di domani, non quella di ieri. Il nostro focus è come rendiamo l’esperienza del cliente al livello di altri segmenti di mercato che sono quelli che comandano dal punto di vista della sua esperienza.”

Ma dal punto di vista infrastrutturale quali sono i problemi? “È sempre un problema Paese. Da noi la burocrazia e la vetustà delle regole sono tali che tu ci si scontri quotidianamente. A Roma abbiamo installato circa 200 colonnine. Ma non sono attive. Il problema sono gli allacci alla rete dell’Acea, più che altro i permessi per fare i lavori di allacciamento. La burocrazia ci ammazza, servirebbe tanta semplificazione. E’ inutile parlare di Recovery Fund o New Generation Fund se poi non si riesce a fare niente. Per farlo bisogna sburocratizzare. Ci mettiamo in media tra i 200 e i 250 giorni per installare una colonnina. E’ assurdo, è un incubo.

Le colonnine ultra veloci dove le avete installate? “Grandi arterie stradali, strade statali, iniziamo a parlare anche di autostrade. La realtà è che fino a ieri erano viste come necessarie per servire i grandi spostamenti da una città ad un’altra ma la nostra esperienza ci porta a dire che sono necessarie pure in città. Stiamo aprendo la primissima, se Dio vuole, a Roma a febbraio. Poi nel 2021 ne installeremo altre 200 in capoluoghi di provincia e strade ad elevata percorrenza. Inizieremo dai più grandi e poi andremo in giro per tutta Italia. La città è qualcosa di complesso. C’è bisogno di colonnine per i garage. Stazioni di carica lenta visto che la ricarica può avvenire anche di notte. Ma c’è anche bisogno di stazioni di ricarica ultraveloci per farlo in 20 minuti. Questa è la vera sfida del 2021. Attraverso il consorzio Ionity, di cui facciamo parte, abbiamo installato le prime da 300kW a Carpi e in Val di Chiana, alle quali si aggiungo quelle da 350kW che abbiamo recentemente attivato in Lombardia, Piemonte e Veneto presso le stazioni di servizio Api/Ip”.

Funzionano gli accordi con supermercati (Conad) e fast food (Mc Donald’s)? “È il mondo del futuro. Quando entri in auto la prima cosa che fai è cercare lo spinotto per ricaricare il telefono. La stessa cosa vale per l’auto elettrica. Con le auto a benzina fai il pieno e poi rifai benzina quando sei in riserva. Con l’elettrico cambia completamente. E’ come per il telefonino, vedi una spina e l’attacchi. Non aspetti che scenda al 20%. La grandezza del sistema elettrico dal punto di vista dell’interfaccia con il cliente ha delle possibilità infinite. I parcheggi dei centri commerciali, posti dove stai per venti, trenta, cinquanta minuti sono fantastici. In Italia non abbiamo grandi catene di parcheggio. Da noi all’80% sono nelle mani di piccoli proprietari e le colonnine di ricarica non sono la loro priorità a livello di investimento. Al contrario in Spagna abbiamo importanti accordi con grandi aziende proprietarie di parcheggi che possono affermare di essere “sostenibili” e adottano questa linea. Ne stiamo vendendo centinaia.”

In Cina, la NIO ha presentato una berlina, la ET7, con una batteria che può essere cambiata direttamente, un po’ come si faceva con i primi telefonini. E’ un’opzione interessante? “Il problema vero delle macchine elettriche non è tanto quanti km percorrono. Ma in quanto tempo si possono ricaricare. Gran parte delle auto elettriche che si stanno vendendo oggi, e quelle di domani, sono modelli che dal punto di vista della velocità di ricarica vanno tranquillamente da 0 a 80% in venti minuti. Non sono i 5 minuti della benzina ma in 20 minuti puoi andarti a bere un caffè. E’ un tempo sopportabile. Con una tecnologia che sta comunque evolvendo. Fino ad oggi il “battery swap”, quello che fa NIO, è una tecnologia che non ha avuto successo perché si tratta di tecnologie che funzionano esclusivamente con quelle automobili e sono estremamente costose. La vera sfida è come scaricare grandissime potenze all’interno delle batterie in maniera tale che possano essere ricaricate velocemente. Ora i caricatori arrivano a 350 kw, una Porsche Taycan ha già la capacità di arrivare a 300 kw di ricarica. Noi siamo nel gruppo di studio per realizzare i caricatori di nuova generazione da 900 kw. Con un caricatore da 900 kw è possibile ricaricare una batteria da 50 kw/h in 5 minuti.

L’elettrico a forza di essere il “futuro” non rischia di farsi scavalcare da qualche nuova tecnologia che si riesca ad infilare nei tempi biblici che servono per installare una colonnina di ricarica…? Secondo Venturini il discorso è più ampio. “L’Italia è ancorata alla vecchia concezione del possesso dell’automobile. Siamo uno dei pochi mercati al mondo in cui il leasing non ha mai funzionato. Negli Stati Uniti, al contrario, grazie al leasing, dopo tre anni restituiscono l’auto e ne prendono una nuova. Compriamo un asset che si deprezza del 30% appena esce dal concessionario. Le case costruttrici stanno elaborando formule che permettano al cliente di non assumersi questo rischio. Negli Stati Uniti le auto che si stanno deprezzando di meno sul mercato dell’usato sono proprio quelle elettriche. Una Tesla S di tre anni si è deprezzata del 25 per cento.”

Fca e la 500 elettrica sono un binomio che può aiutare un mercato diversamente giovane come quello italiano a spingere sull’elettrico? “L’importanza di un ‘costruttore nazionale’ che arriva a occupare l’area dell’auto elettrica può dare la spinta decisiva al mercato italiano. Il problema non sono le nuove generazioni. Se mia madre vede una Fiat elettrica capisce che qualcosa di nuovo sta succedendo. Se vede solo Punto diesel allora pensa che le auto elettriche sono qualcosa per pochi sognatori. Più si vedranno 500 elettriche, o con la scritta dietro “super Hybrid”, più mia madre capirà che la prossima auto sarà elettrica. Infatti mi ha già chiesto di spiegarle come funziona.

Exit mobile version