La forza del made in italy

Polini dai kit alle e-bike: “Garantiamo qualità, design e performance. Le nostre aziende hanno nomi importanti”

Italia in e-bike sempre più virtuosa. Non solo si comprano più bici elettriche (+44 per cento nel 2020, ultimo dato a disposizione, fonte ANCMA), ma se ne producono (+29 per cento) e se ne esportano (+28 per cento, per un valore di 80 milioni di euro) di più. E se il cuore delle bici a pedalata assistita è il motore, anche in questo settore l’Italia, forte di una lunga e importante tradizione nei motori endotermici, dice la sua. Tra i produttori di motori elettrici per e-bike in Italia ci sono OLI (Cesena), che come numeri di produzione e distribuzione è il più grande, Polini (Alzano Lombardo, Bergamo), Askoll (Dueville, Vicenza) e FIVE (Bologna), che produce non solo motori ma anche le batterie in uno ZEB, Zero Emission Building. Numeri ufficiali non ce ne sono ancora, ma la produzione italiana di motori per e-bike dovrebbe superare i 25mila pezzi l’anno, un dato che in un mercato in continua crescita è destinato ad aumentare e non di poco.

“Noi produciamo 6 mila pezzi l’anno, che finiscono su bici di alta gamma, ma anche su tandem, cargo e city bike”, spiega Saimon Polini, 46 anni, direttore marketing di Polini Motori, azienda di famiglia. “Potremmo aumentare la nostra produzione fino a 8 mila motori, ma molte aziende non stanno assemblando le bici perché mancano le componenti”. 

Polini ha una lunga storia, che comincia nel 1945 proprio con la produzione di biciclette; poi diventa famosa con i kit di elaborazione dei motori a due tempi (chi non si ricorda il kit Polini per la Vespa?). Nel 2016 la “conversione”: un motore elettrico da montare sulle bici.

“L’ispirazione ci è venuta quando abbiamo acquistato delle e-bike con il motore nel mozzo posteriore”, racconta Polini. “Il nostro ufficio tecnico ha smontato i motori, poi ha comprato una bici con il motore centrale… da lì è partita la ricerca, sono venuti i prototipi dei primi motori e nel 2017 abbiamo lanciato sul mercato l’EP3, che si chiama così perché è la terza versione prodotta”.

Oggi tutti parlano di e-bike, allora no.

“Quando siamo partiti con il progetto, il 90 per cento del mercato elettrico era fatto di city bike. Il nostro animo sportivo e racing ci ha fatto subito pensare alla bici più difficile da allestire, cioè la bici da corsa. Nel 2017 a Verona abbiamo presentato il nostro motore su un telaio da corsa, una cosa che nessuno aveva mai fatto. Siamo orgogliosi del fatto che abbiamo imboccato la nostra strada e non abbiamo copiato. Come anche del fatto che oggi stiamo facendo crescere tanti piccoli e medi costruttori, che con noi stanno acquistando fette di mercato sempre più rilevanti”.

Perché il motore centrale? Oggi molte bici, da città ma anche da corsa, hanno il motore nel mozzo.

“Il motore nel mozzo è molto limitato, sia come potenza, e quindi prestazioni, sia come sviluppo. Il motore centrale è un motore più strutturato, pesa di più, ma ti consente di pensare al futuro. Infatti, con il nuovo motore che abbiamo presentato a maggio, l’EP3+, abbiamo fatto passi da gigante a livello di software e hardware, con innovazioni che consentono di risparmiare energia durante l’utilizzo e quindi fare durare la batteria più a lungo a parità di prestazioni. È importante avere un motore potente su una bici a pedalata assistita, perché in questo modo non viene mai usato a piena potenza e si risparmia batteria. Noi abbiamo cinque modalità di guida/potenza: la maggior parte delle persone usa solo i primi due o tre. I motori nei mozzi, che hanno meno potenza, vengono usati spesso al massimo, dalle persone che cercano aiuto nella pedalata, e ciò significa consumare la batteria prima. Quello che conta è il rapporto peso-potenza della bici: non sono le bici più leggere ad andare più forte, ma le bici con più potenza. E quando su una bici c’è il motore, non sono i due o tre chili in più a disturbare; a patto, naturalmente, che il motore sia potente”.

Una delle sfide dell’e-bike è l’autonomia, ma è difficile quantificarla.

“Perché nella bici ci sono troppe variabili: bisogna capire quanto pesa la persona, quanto è allenata, che tipo di pneumatici usa, se c’è vento… Quando noi parliamo di autonomia, forniamo un range, non un dato preciso. Ci sono persone che hanno fatto una gran fondo impegnativa come la Nove Colli con i nostri motori e dopo 200 chilometri avevano ancora batteria. Erano però persone molto allenate. Stefano Passeri, campione del mondo EWS, nell’ultima gara in Scozia ha fatto 3.000 metri di dislivello con una batteria: ed era sul bagnato e con una mountain bike, che pesa di più”.

Cosa può dare il made in Italy al mondo dell’e-bike?

“Qualità, design, performance. In Italia forse non abbiamo le aziende che fanno i numeri più grandi, ma abbiamo aziende con nomi importanti. I nostri motori sono al cento per cento Polini: ingegnerizzazione, stampi, prototipi ricavati dal pieno, lavorazioni carter, assemblaggio, è tutto fatto internamente da noi, a Bergamo. I motori Polini sono Polini”.

Cosa fare per incentivare l’uso della bicicletta in città?

“Creare parcheggi per le bici, perché è un mezzo facile da rubare. Io stesso non la uso in città perché non so mai dove lasciarla, soprattutto se uso una bici bella. Se si creassero parcheggi custoditi per le bici, questo invoglierebbe molto all’utilizzo. Sarebbe importante, perché con le bici di oggi, che hanno prestazioni e autonomia sempre maggiori, si può davvero pensare a un utilizzo quotidiano della bici anche per chi vive fuori città”.

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