AMG, la faccia sportiva dei sogni Mercedes

L’ultimo baluardo dei no-electric sfuggirà alla spada dell’elettrificazione? Neppure le auto dalle grandi prestazioni possono fermare il nuovo trend

AMG Mercedes 300 SEL 6.8

AMG Mercedes 300 SEL 6.8

Ma allora persino AMG – ultimo baluardo dei no-electric, non certo minoranza tra gli appassionati – sfuggirà alla spada dell’elettrificazione?

Eh sì, anche se (per ora) gli amanti di benzina e gasolio possono respirare: è stata solo creata una divisione, chiamata E Performance che proporrà modelli elettrici ed elettrificati ad alte prestazioni. Il primo di questi è la AMG One: si tratta di una hypercar strettamente imparentata con la Mercedes-Benz impegnata nel mondiale di F. 1. Ce la ricordiamo bene, al Salone di Francoforte 2017: arrivò dal backstage – in una nuvola di fumo e luce – guidata da Lewis Hamilton, che disse semplicemente “È il futuro“. Per pochi, pochissimi: esattamente 275 persone, che non hanno avuto problemi a prenotarla, pur sapendo che costa 2.7 milioni di euro. In realtà, pare che le richieste superassero le mille.

Ma la notiziona è che la AMG ONE sarà alimentata da un propulsore 1.6 turbo, insieme al quale lavorano quattro motori elettrici, due per assale; insieme erogano una potenza di 1.000 Cv. L’autonomia in modalità interamente elettrica dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 km (nulla, sostanzialmente), ma per scattare da 0 a 200 km/h pare bastino meno di 6 secondi.

In parole povere, una F.1 stradale e ibrida. Idee, tecnica pura, spirito competitivo: è la vera forza di AMG che proprio nel 2021 celebra i primi 50 anni dal primo successo sulle piste: nel 1971, l’AMG Mercedes 300 SEL 6.8 colse una clamorosa vittoria nella 24 Ore di Spa. La concorrenza sorrise quando vide una berlinona di lusso schierarsi a fianco delle altre auto da corsa, agili e più leggere. Da questa prima impressione scaturì il soprannome poco simpatico di ‘scrofa rossa’: si classificò prima nella sua classe e clamorosa seconda in classifica generale. La presenza sul circuito delle Ardenne era il traguardo della fase eroica dell’azienda, nata nel 1967, più che altro per la delusione (quindi la voglia di rivalsa) di un giovane ingegnere Hans-Werner Aufrecht, addetto Daimler-Benz allo sviluppo dei motori da corsa. Fu trasferito nel reparto delle auto di serie, cosa non gli fece per nulla piacere ma che avrebbe rappresentato un momento chiave per il futuro. Aufrecht conobbe Erhard Melcher, prima collega poi amico diventato un fratello: un inventore altrettanto appassionato che condivideva la convinzione che la tecnologia di una ‘normale’ Mercedes-Benz sarebbe stata in grado di sopportare carichi di potenza maggiori, senza che fosse necessario apportare modifiche radicali al veicolo. Aufrecht era specializzato in prestazioni e motoristica, Melcher in maneggevolezza e stabilità: un connubio perfetto per un piccolo team a caccia di performance. Il primo convinse il secondo a lasciare il suo posto fisso a Stoccarda e avviare insieme un’attività in proprio a Großaspach. la cittadina del Baden Wuttemberg in cui risiedeva. Quasi trentenni, i due fondarono lo studio dʼingegneria Aufrecht-Melcher-Großaspach – da qui l’acronimo AMG – con una decisione coraggiosa che si rivelò azzeccata. Pionierismo, ovviamente: la ‘factory’ era in un vecchio mulino a Burgstall, con un impianto di riscaldamento malfunzionante e un tavolo di ping pong come unico svago. Ma assemblarono la già citata AMG Mercedes 300 SEL 6.8 e divennero famosi.

Negli anni ‘70, la AMG decise di voler creare un veicolo unico da ogni modello della Stella: iniziarono le personalizzazioni e l’azienda praticamente crebbe con ogni cliente che chiedeva di trasformare la sua Mercedes in una Mercedes AMG. Ormai diventata di medie dimensioni, necessitava di un nuovo sito di produzione, più ampio e meno romantico. Fu trovato ad Affalterbach (cittadina che senza AMG, praticamente sarebbe sconosciuta agli stessi tedeschi) dove opera tuttora. La storia di AMG è fatta di exploit tecnici: il primo risale al 1984 quando Erhard Melcher sviluppò una testata del cilindro completamente indipendente con la tecnologia quattro valvole. Due anni dopo, AMG impiantò il propulsore V8 da 5 litri in una Classe E Coupé che divenne famosa in tutto il mondo con il nome di ‘The Hammer’. Ma restava sempre il problema della ‘fuga’ iniziale della strana coppia di ingegneri, per la Casa della Stella stava diventando impossibile ignorare l’ottimo lavoro dei suoi ex-dipendenti. Alla fine degli anni ‘80 ci fu il primo riavvicinamento tra Aufrecht, Melcher e l’ex-datore di lavoro, inizialmente con AMG partner ufficiale nella divisione sport motoristici sino a curare direttamente il DTM, all’epoca il campionato top del Turismo. Poi nel 1990, lo storico accordo. Da quel momento, AMG riuscì a vendere i suoi modelli, manutenzione inclusa, attraverso la rete internazionale di Daimler-Benz. Se vogliamo, iniziava la fine dell’indipendenza che aveva creato il mito tanto che nel 1999, Daimler-Benz acquistava il 51 per cento dell’azienda per poi farne una consociata al 100 per cento nel 2005, nel momento in cui Aufrecht cedette la quota. Ma d’altra parte, dalla C36 AMG del 1993 – prima auto sviluppata con Daimler-Benz sulla base di un contratto di collaborazione – ai giorni nostri è stata una sequenza di fuochi di artificio. Un elenco sommario di tecnologie innovative e grandi modelli? Il cambio automatico a cinque marce abbinato nella C 32 AMG al V6 Kompressor di 3,2 litri, con l’innovativa funzione ‘one-touch’ che consente di selezionare le marce anche manualmente (2001); la SLS AMG che è la prima vettura sviluppata interamente da Mercedes-AMG, di design puro e le bellissime porte ad ali di gabbiano (2009); la spettacolare SLS AMG GT3 che rappresenta l’ingresso di Mercedes-Benz nel customer sport esclusivo (2013); la Mercedes-AMG GT, seconda vettura sportiva sviluppata in completa autonomia ad Affalterbach (2014). In verità, se la copertina di AMG è giustamente affidata a visioni uniche, concretizzate come solo sanno fare i tedeschi, il cuore dell’offerta (e del fatturato) è affidato – sin dai tempi dei primi modelli 43 – alle varianti sportive di tutti i modelli Mercedes-Benz: una cinquantina, che comprendono tutte le tipologie di famiglia (compact car, berline, station wagon, coupé, Suv, cabrio e roadster), con un arco di potenze che va da 306 Cv a 639 Cv. Le 1700 persone impegnate ad Affalterbach non si annoiano di sicuro, ma i risultati confermano l’impegno: nel 2020, malgrado le grandi difficoltà della pandemia, Mercedes-AMG ha venduto ben 125.129 unità in tutto il mondo. E anche per questo che potrebbe verificarsi – a brevissimo, indiscrezioni dicono già al Salone di Monaco in settembre – la nascita di una nuova struttura organizzativa all’interno di Mercedes-Benz che porterebbe AMG, Maybach (allestimenti extra-lusso) e Classe G (fuoristrada di alta gamma) a unire le forze con l’obiettivo di ridurre i costi e, al contempo, di migliorarne la redditività, facendo leva sulle vendite di veicoli ad alta marginalità. Ci sta, niente di strano.

Certo fa sorridere l’idea che il valore maggiore del ‘meccanismo’ – evidentemente quello AMG – sia nato dalla voglia di rivincita di due giovani ingegneri teutonici, in un vecchio mulino.

Exit mobile version