Il cavallino di Bottura tra slow food e fast car

Il cuoco italiano più famoso del mondo ha rivisto il ristorante di Maranello “Voglio proiettare il meglio del passato nel futuro, senza nostalgia. Farò una cucina tradizionale, emiliana. Le auto? Il mio pane quotidiano”

Massimo Bottura

Massimo Bottura

Jessica Rosval, affascinante head chef canadese, prima e durante il servizio del “refettorio” di lusso a Casa Maria Luigia – dove si serve lo straordinario menu dei piatti storici dell’Osteria Francescana – racconta del legame tra Maserati, Ferrari, Ducati e i prodotti della stessa terra come il Parmigiano Reggiano, il Lambrusco, l’Aceto Balsamico Tradizionale. Lo fa in inglese e gli ospiti stranieri restano a bocca aperta, non solo per quanto mangiano ma per la narrazione.

È la vera soddisfazione per Massimo Bottura, modenese e cuoco italiano più famoso al mondo. Il due volte numero 1 della The World’s 50 Best Restaurants, è più che mai lanciato: sta lavorando per l’apertura entro il 2021 della terza Gucci Osteria a Tokyo (dopo quelle a Firenze e Los Angeles) e si gode lo splendido luogo alle porte di Modena – tutto classe e design – con dodici camere e un parco immenso. Nel cortile una Maserati Levante e una Ducati Streetfighter ricordano la grande passione per i motori dello chef quadristellato e la sua ossessione per il meglio che esprime il nostro Paese.

Due aspetti dell’essere Bottura che lo hanno portato a realizzare un progetto di lungo corso: la gestione del ristorante Il Cavallino a Maranello. Doveroso un richiamo al passato per chi non lo conosce: il mito del locale, a due passi dalla Gestione Scuderia Sportiva, deriva dal fatto che era sede del pranzo quotidiano di Enzo Ferrari, servito – tassativamente alle 12.30 – in una sala privata, dove il Drake mangiava contornato da collaboratori, piloti e amici. Discuteva di strategie con i suoi uomini più fidati, parlava di attualità e si rilassava preferibilmente con tagliatelle al ragù e filetti di carne. Espressione di un menu quasi interamente emiliano e senza alcun fronzolo estetico. Nel 1984, Ferrari lo cedette all’imprenditore Beppe Neri, che aveva un rapporto di lavoro con la scuderia ed era grande amico del figlio Piero. Dopo la morte del padre, a occuparsi del locale sono state le figlie di Neri: Cristiana, Clementina e Chiara. Prima del restyling, i coperti del ristorante erano 180 e ovviamente nel colore prevaleva l’iconico rosso Ferrari. Le sale erano costellate di cimeli di ogni tipo, una collezione di memorabilia all’interno di un ristorante. La pandemia ha ritardato non di poco il progetto, annunciato nel novembre 2019 ma ‘buttato giù’ anni prima insieme a Sergio Marchionne (curiosità, fu lui a suggerire l’acquisto e l’utilizzo migliore di Casa Maria Luigia) e John Elkann. “Ricordo conversazioni lunghissime su come si poteva sviluppare il marketing territoriale facendo dialogare le meraviglie della nostra terra tra di loro – ricorda lo chef –. Alla fine il disegno ha visto la luce, non senza ostacoli, perché unire il gruppo dell’Osteria Francescana con la Ferrari vuol dire integrare due mondi di eccellenza, con i loro punti di forza ma anche con identità irrinunciabili. A 59 anni, ho la fortuna di poter decidere di lavorare con le persone con le quali so che mi piacerà farlo”.

Ed ecco Il Cavallino secondo Bottura: aprirà a fine maggio in versione soft (quindi solo per ospiti o eventi) in attesa di mettere a tavola il ‘popolo’ perché non sarà luogo da gourmet ma di buon cibo. Scelta lucida, non da uomo dei sogni come spesso si definisce: in realtà, Bottura è un geniale visionario che porta a termine (benissimo) quanto pensa. Questa volta è più che mai atteso al varco, visto che – nella sua terra, quindi più esposto ai critici – non partirà da zero ma ‘succederà’ a qualcosa di importante, lontanissimo tra l’altro dalla sua idea di cucina. Piena sì di richiami alla tradizione ma ricca di avanguardia pura e capolavori tecnici. Ha già precisato l’obiettivo: “Vedere i dipendenti Ferrari che vengono a festeggiare i più bei giorni della loro vita al Cavallino. E poi offrire un grande servizio ai turisti, italiani e stranieri in particolare, che vengono a visitare il museo Ferrari. Non abbiamo distrutto il locale per rifarlo, ci mancherebbe. Ma lo abbiamo reso un ristorante elegante, contemporaneo, affidando l’opera a un team di architetti stranieri. Sennò si rischiava l’effetto nostalgia” ci svela.

Quindi, il menu come sarà? “Guarderemo al passato con enorme rispetto per una storia come quella di Ferrari e di Maserati. Sarà una cucina tradizionale, più emiliana che italiana, per far scoprire tutte le eccellenze di una terra meravigliosa. Vista in chiave critica e non nostalgica, come sottolineo da sempre parlando dei miei piatti. Voglio proiettare il meglio del passato nel futuro, facendoci aiutare da persone che l’hanno vissuto quotidianamente in queste sale in tempi migliori. Penso subito a un amico come Piero Ferrari per esempio”. C’è da credergli ciecamente. Bottura quando parla di motori come appassionato e come testimonial – ufficialmente di Maserati, in realtà della Motor Valley intera – è sincero. Se non avesse deciso di fare il cuoco, facilmente si sarebbe occupato di carburanti come il padre (il più contrario alla sua scelta di vita, per la cronaca) o di concessionarie come il fratello. Da piccolo andava con i più grandicelli all’autodromo di Fiorano per vedere i test dei suoi idoli Villa, Agostini, Saarinen. Da ragazzino piombava in Piazza Grande appena si sapeva che Gilles Villeneuve stava facendo i ‘numeri’ con la Mondial 8.

E ora è pronto a godere della nuova Streetfigher chiamata Vieni in Italia con me (il più noto libro dello chef nonché uno dei menu storici dell’Osteria Francescana) che ha voluto con la carrozzeria tricolore .“Sono nato e cresciuto a Modena, terra di fast car e slow food, con il rombo dei motori nelle orecchie. Le automobili sono il mio pane quotidiano” ricorda. E considera la velocità come un concetto alla base della fatica giornaliera. “Da sempre mi piace il pensiero lento e la velocità nell’esecuzione: festina lente, come dicevano gli antichi romani. Anche in cucina e in sala è così: c’è una tensione incredibile, a ogni pranzo e ogni cena giochiamo il nostro Gran Premio”. Con il restyling de Il Cavallino, la sua avventura diventa più Rossa ma il grande amore resta Maserati. “È nato con l’apparizione di una Merak rossa nel cortile di casa, a metà degli anni 70 con mia madre che scuoteva la testa e diceva a mio padre: «Abbiamo cinque figli, cosa serve un’auto a due posti?». E lui: «Tanto ho sempre l’Alfa Giulia, no?». E ho un debole per la Gran Cabrio, che per me resta una delle vetture più belle di sempre, purtroppo è uscita di produzione. C’è l’Italia, c’è la nostra storia”. Così parlò Massimo Bottura, più profeta all’estero che in patria (sai che novità) nonché perenne agitatore di anime: stargli dietro per chiunque è molto difficile, spinge sempre sul gas. Basta leggere l’autoritratto, perfetto, sul sito dell’Osteria Francescana, in via Stella 22: “L’ispirazione viene dal mondo che mi circonda: dall’arte alla musica, dal cibo buono alle macchine veloci”.

Exit mobile version