Berlino prova a tenere le auto fuori dal ring

La portavoce del movimento Berlin autofrei: “Non siamo contrari alle automobili, siamo contrari a un uso sciocco delle automobili private” Raccolta di firme per chiedere un referendum: ne servono solo ventimila

Isetta di Bmw, simbolo di Berlino nel film The Small Escape

Isetta di Bmw, simbolo di Berlino nel film The Small Escape

C’è stato un tempo nel quale pensare a quartieri vietati alle automobili era utopia, qualcosa di irrealizzabile, “impossibile solo a pensarlo”, disse Hans Peter Sørensen, sindaco di Copenhagen dal 1946 al 1956. Nemmeno un decennio dopo la capitale danese iniziò, prima al mondo, a limitare fortemente l’accesso alle auto nel centro cittadino.

Poi si iniziò a dire: va bene, forse si può, ma solo per i non residenti. E in Olanda, sul finire degli anni Settanta, iniziarono a vietare l’accesso alle zone centrali anche ai residenti. E le auto? Parcheggiatele fuori. Ci furono proteste, ma durarono poco. Il tempo di accorgersi del miglioramento della qualità della vita, dell’aumento del valore delle case, del fatto che per muoversi nei centri cittadini non servivano. Si prese atto anche di questo. La constatazione successiva fu: forse si può, ma solo nei centri cittadini e in città di dimensioni contenute. Per anni questo mantra durò, poi si accorsero di tutto ciò anche i sindaci di città sempre più grandi e popolose.

A Gand, Belgio, ci vivono 262mila persone: è dal 2017 che non si entra in centro guidando. A Oslo, Norvegia, ci vivono in 680mila e accade lo stesso. Tante persone, ma piccole estensioni territoriali si è constatato. Pensare di poterlo fare in metropoli è impossibile, si è allora iniziato a dire. Quella che sembra una certezza però potrebbe non esserla.

A Berlino è da quasi due anni che si sta discutendo della possibilità di chiudere al traffico automobilistico non solo il “centro storico”, ma anche tutta l’area interna al Ring, il raccordo ferroviario circolare lungo 37 chilometri che circonda le zone centrali della capitale tedesca: 88 chilometri quadrati degli 891,12 totali.

Prima erano chiacchiere tra cicloattivisti, fricchettoni e associazioni ambientaliste. Poi sempre più gente ha iniziato a interessarsi alla questione. Ora è diventata una raccolta firme per un referendum per trasformare quest’area in un’unica grande zona a traffico limitato. Sarebbe la più estesa al mondo. Servono ventimila firme, la raccolta inizierà ad aprile, ma non dovrebbe essere un problema raggiungere la soglia minima. Secondo un sondaggio “esplorativo” commissionato dal partito dei Verdi, e non ancora pubblico, favorevole alla chiusura al traffico sarebbe oltre il 33 per cento dei berlinesi residenti, oltre il 40 per cento di tutte le persone che vivono nella capitale tedesca. Quindici mesi fa, secondo un altro sondaggio, questa volta commissionato dal Berliner Morgenpost, i favorevoli all’iniziativa superavano di poco il dieci per cento di chi viveva nella città. In questi quindici mesi è cambiato tutto. Il Covid-19 ha scombussolato ciò che consideravamo, e in qualche modo vorremmo considerare ancora, la normalità e tutte le amministrazioni comunali si sono trovate, loro malgrado, ad affrontare un cambiamento radicale delle priorità nella gestione ordinaria della mobilità cittadina. Il trasporto pubblico è entrato in crisi un po’ per la paura delle persone di usare bus, tram e metropolitane, soprattutto per la difficoltà e i costi d’adeguamento delle flotte di mezzi pubblici. A Berlino l’utilizzo di questi è stato inferiore di circa il 43 per cento rispetto al periodo prepandemico, secondo i dati pubblicati a gennaio dal DLR Institut für Verkehrsforschung, il centro di ricerca che studia il traffico.

Nello stesso periodo l’utilizzo di biciclette, monopattini e pattini è più che raddoppiato, almeno per i tragitti entro i quindici chilometri, il 61 per cento di quelli settimanali dei berlinesi. Ad aumentare è stato però anche il traffico veicolare, soprattutto quello relativo a scooter, moto e motorini elettrici: 35 per cento totale e 49,5 per quanto riguarda la seconda categoria. L’aumento del traffico ha fatto accrescere i tempi di percorrenza medi di circa il dieci per cento. Tutto ciò, secondo le stime del DLR MovingLab, ha spinto a un ulteriore aumento dell’utilizzo della bicicletta, grazie anche agli interventi fatti in questi ultimi mesi dall’amministrazione cittadina. In otto mesi sono stati realizzati circa una trentina di chilometri di piste ciclabili in più, altrettanti in corso di realizzazione, e sono state introdotte due nuove Fahrradstraße, strade dove le biciclette hanno la precedenza sulle auto e nelle quali queste devono muoversi al massimo a venti chilometri orari. Tutto ciò ha fatto aumentare il numero di chilometri mensili percorsi pedalando dai berlinesi: più 56 per cento rispetto a sei mesi fa. E ha convinto diverse persone ad abbandonare definitivamente l’automobile: più 3 per cento rispetto a un anno fa. Ora i residenti che non possiedono un mezzo a motore sono saliti al 42 per cento. “Rispetto ad altre grandi città, Berlino ha il numero minore di automobili per numero totale di residenti in Europa ed è la città nella quale vengono coperti in auto il minor numero di chilometri in un anno da parte degli abitanti. Inoltre l’anello ferroviario della S-Bahn delimita un’area nella quale il trasporto locale è ben sviluppato e capillare”, ha spiegato alla Süddeutsche Zeitung Nina Noblé, portavoce del movimento promotore del referendum Berlin autofrei.

Secondo le stime il costo della chiusura al traffico dell’area interna al Ring costerebbe circa 5 milioni di euro al Senato di Berlino, ma porterebbe una riduzione dei costi per l’amministrazione cittadina di 452 milioni nei successivi dieci anni. Le due voci maggiori di risparmio riguardano la sanità e la manutenzione delle strade. Lo studio è al vaglio del capo del Dipartimento dell’Interno e dello Sport, il socialdemocratico Andreas Geisel. Il mondo politico si sta interrogando sulla bontà dell’idea. Una gran parte dei Verdi e della Linke, il partito di sinistra, sarebbero propensi a sposare il referendum. Anche una minoranza dell’Spd guarda di buon occhio la proposta. Chi dice che tutto ciò sarebbe illegale, in quanto le norme sulla circolazione stradale sono leggi federali e non permettono la chiusura di un’area così grande, dice il vero, ma sbaglia. Il referendum, qualora passasse, potrebbe essere applicato in quanto non incide sul diritto stradale, ma sul diritto del traffico stradale. Non è una sottigliezza da poco in quanto basterebbe una legge cittadina che converta le strade interne al Ring in “strade a traffico ridotto” per permettere il divieto di transito alle auto private dopo un periodo di transizione di quattro anni. La chiusura non sarebbe in ogni caso totale. Autobus, taxi, ambulanze, auto della polizia, furgoni per le consegne, auto in condivisione manterrebbero l’accesso alla zona interna al Ring. Le vetture private, escluse quelle utilizzate da persone a ridotta mobilità, avrebbero invece dodici “gettoni” l’anno per entrare. “Non siamo contrari alle automobili, siamo contrari a un uso sciocco delle automobili private”, ha spiegato alla radio Noblé.

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