Mobilità per amare, sicurezza per vivere ecco la visione di Toyota per il futuro

“Stiamo progettando nuove piattaforme per un cambiamento culturale, così da creare un software ideale per i futuri modelli. La nostra visione abbraccia tre tipi di mobilità: delle persone, delle merci e delle informazioni”.

Gli obiettivi di Toyota Motor per il prossimo ventennio sono talmente complessi, articolati e ambiziosi che non è semplice trovarne uno prioritario, soprattutto per il normale automobilista. In realtà, è una visione complessiva che la Casa giapponese ha scelto di seguire da quando l’Unione europea ha deciso che nel 2035 si cambierà registro. “In linea di massima, ci sono due aree di interesse chiave: la prima è la neutralità del carbonio e il modo in cui intendiamo raggiungerla nel nostro lavoro; la seconda è il futuro della mobilità, nel passaggio da una società di produzione e vendita a un fornitore di vari servizi” riassume Matt Harrison, presidente e ceo di Toyota Motor Europe. Il tutto, con un occhio attentissimo al sociale che ha trovato nella recente divisione – Woven Planet – il nuovo punto di riferimento, con una dichiarazione di intenti che spiega molto: ‘Mobilità per amare, sicurezza per vivere’ come sottolineato all’ultimo Kenshiki Forum di Bruxelles, dove la Casa ha mostrato il meglio di sé, sotto ogni aspetto. Fa sorridere che ‘kenshiki’ significhi ‘intuizione’ in giapponese: a noi sembrano frutto di uno studio maniacale per mantenere la leadership mondiale e scavare un fossato con i rivali che in qualche caso sparano visioni e numeri che lasciano perplessi Qui si viaggia praticamente già nel dopo-2025. “Stiamo progettando nuove piattaforme per un cambiamento culturale, così da creare un software ideale per i futuri modelli Toyota e Lexus – spiega James Kuffner, ceo di Woven Planet Holdings e Chief Digital Officer di Toyota Motor Corporation – la nostra visione abbraccia tre tipi di mobilità: delle persone, delle merci e delle informazioni”. E anche qui la missione non è di quelle leggere: si va dal voler rendere più importante il software nella produzione di un’auto rispetto all’hardware sino alla ritrovata voglia (che si era in parte persa, non solo in Toyota) di sviluppare realmente i sistemi di guida autonoma passando per il via di Woven City – in costruzione nei pressi del Monte Fuji, in Giappone – che dovrà rappresentare il laboratorio per testare la mobilità futura su larga scala. Mobilità dove l’aspetto ambientale è il punto di partenza e non una necessità. Così tutti gli stabilimenti di produzione europea saranno a emissioni zero entro il 2030 – primo step per centrare la ‘carbon neutrality’ nel 2040 – riducendo al minimo il consumo energetico ove possibile, passando all’energia verde e implementando tante innovazioni in stile ‘kaizen’ che riducono la CO2 o la eliminano interamente. Gill Pratt, lo stimato Chief Scientist di Toyota Motor Corporation nonchè CEO di Toyota Research Institute, non ha dubbi su cosa si debba fare nella complicata transizione. “Dobbiamo fare solo quanto è meglio per l’ambiente, sostituendo il maggior numero possibile di veicoli non elettrificati con quelli elettrificati, guidati dal semplice principio che il nemico è il carbonio, non un particolare tipo di propulsore”. Un approccio che la Casa definisce ‘multitech’ dove vengono riconosciuti i vantaggi complementari sia dei veicoli a sole batterie che di quelli alimentati a idrogeno per una mobilità a zero emissioni. Poi è evidente che per vari motivi (carenza di chip, alti costi dei materiali per le batterie, mancanza di infrastrutture) sarà meglio utilizzare una combinazione di veicoli full electric, ibridi plug-in – vedi la Prius sul mercato a breve – e full hybrid nei prossimi 10-15 anni. Sarà questa la rotta a venire, declinata nei modelli in arrivo a partire dai Suv compatti, progettati non a caso nel Vecchio Continente. Il primo è Prologue, praticamente il prossimo CH-R che intende proseguire una storia di successo puntando su un design appena rivisto esternamente e un powertrain ibrido: lo vedremo entro fine 2023. Ma l’accelerazione vera sarà figlia di bZ Compact, concept lungo 453 cm e di stile decisamente minimalista che ispirerà sei modelli elettrici entro il 2026. Perché come è vero che il gran capo Akio Toyoda, in più occasioni, non ha nascosto le perplessità sui modelli a batterie (“Sopravvalutati e se tutti ne guidassimo uno il sistema collasserebbe” ha affermato), la realtà è che Toyota pensa a una trentina di novità a propulsione elettrica entro otto anni. In ogni caso, la nuova ondata dei C-Suv dovrebbe rendere ancora più forte il peso del marchio nel Vecchio Continente, dove il 2022 dovrebbe essersi chiuso a circa 1,1 milioni di vendite e una quota record vicina all’otto per cento. “Manterremo il nostro ibrido accessibile e conveniente, espandendo l’offerta elettrica pura nella direzione che abbiamo già intrapreso nel segmento D-Suv con RAV4 e bZ4X” dice Andrea Carlucci, vice-presidente Product Strategy e Marketing. E anche su Lexus ci sono nuove aspirazioni: il design della Electrified Sport nasconde (bene) il contenuto tecnologico che i tecnici del brand premium di Toyota stanno sviluppando sull’elettrificazione, a partire dal Suv RX 400h che già nel 2005 aveva un ibrido evoluto. Il concept della prima super sportiva non sfigurerebbe in un film di Batman, soprattutto per le originali ‘pinne’ laterali, vicine per forma ai foil delle barche della Coppa America di vela. Un’altra sfida è quella di un cambio manuale per un veicolo elettrico: lo si sta sviluppando su un prototipo basato sull’UX 300e, dotandolo di leva del cambio e pedale della frizione. Il futuro di Toyota Motor appare impegnativo, insomma, ma anche luminoso.

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