Reinventare la mobilità tra smart city e agorà

Carlo Ratti analizza quattordici centri per dipingere il ritratto della polis idealeDa Milano a Singapore, passando per Barbaresco: quante ricette per il futuro.

Reinventare la città. Trovare spazio (e molto) per gli individui, scegliendo un unicum ideale in grado di miscelare tecnologia, giacché la direzione comune è quella delle smart cities, senza mai trascurare l’agorà, intesa proprio quale spazio pubblico di riunione collettiva. È questo il senso di Carlo Ratti per l’Urbanità, titolo dell’ultimo saggio dell’architetto e ingegnere fondatore del laboratorio di studi per le città contemporanee Senseable City Lab al prestigioso Massachusetts Institute of Technology, per tutti semplicemente il Mit di Boston. Pubblicato per Einaudi dall’architetto torinese, classe 1971, altresì fondatore dello studio internazionale Cra (Carlo Ratti Associati) con cui dalle sedi di Torino, New York, Londra, sviluppa progetti urbani in tutto il mondo, Urbanità. Un viaggio in quattordici città per scoprire l’urbanistica ci invita a indagare le radici urbane, sociali e umane dei comuni per collocarli al meglio in una nuova dimensione, sempre più contemporanea. Nell’opera si legge: “Fin dalla loro nascita, oltre diecimila anni fa, le città hanno contribuito a promuovere l’incontro tra culture e individui diversi, innescando tumultuose dinamiche di innovazione – come in una sorta di grande acceleratore umano. Tuttavia, la dinamicità del fenomeno urbano non è l’unica lente con la quale leggere gli scorci metropolitani di viaggio che Carlo Ratti ci offre in Urbanità. Le città descritte sono anche i luoghi della permanenza. Dal racconto delle molteplici realtà di questo libro, che si intersecano con i diversi temi dell’urbanistica contemporanea e con i loro protagonisti, emerge il ritratto di una polis ideale: un ‘universale urbano’ che affiora dalla composizione di tanti frammenti. Un po’ come accadeva nell’appartamento utopico dello scrittore francese Georges Perec: quello in cui ciascuna stanza si affacciava su un diverso arrondissement di Parigi. In quel caleidoscopio rovesciato si trova forse la migliore incarnazione della ‘città ideale’ contemporanea”. Scorrendo le pagine si viaggia da Milano a Barbaresco, da Rio de Janeiro a Singapore. Si esplorano con egual dignità grandi e piccoli centri, perché “il valore della globalizzazione di nicchia va oltre l’economia. Ci parla anche di relazioni sociali e di equilibrio tra metropoli e piccoli paesi”. Il volume è quindi diviso in capitoli corrispondenti ciascuno a un indirizzo, per accendere un faro su idee di città, com’erano e come saranno, fra racconti, aneddoti e ritratti determinati (o dettati) da quell’unicum contratto proprio in urbanità. Un concetto favorito da quei tratti distintivi che l’autore intercetta fra cultura, letteratura, natura, urbanistica, tecnologia, e poi uniti da una visione che riporta a quel fil vert ideale che guida ogni buon proposito contemporaneo di riqualificazione urbana, e non solo: la sostenibilità. “La speranza è che dall’incontro tra le nuove tecnologie e una generazione di progettisti dalle forti convinzioni ecologiste possa scaturire un’inedita integrazione tra natura e città”. A Milano, il disegno del verde del secondo decennio del XXI secolo ha interessato temi diversi. Mentre “in città è tutto un pullulare di orti sui tetti delle case o di ex edifici industriali, a volte anche impiegando tecniche idroponiche o aeroponiche”, una tendenza internazionale ben declinata dalla High Line di New York, il lungo parco aereo realizzato sul sedime di una linea ferroviaria sopraelevata dismessa, il recupero degli immensi scali ferroviari restituisce amplissime aree alla città. “Tra questi, il masterplan per la rinascita dell’area Porta Romana, a cui lo studio di progettazione Cra – Carlo Ratti Associati partecipa in un ampio team con Outcomist, Diller Scofidio + Renfro, Plp Architecture e Arup”. Ma anche “il progetto Forestami, nato da una ricerca del Politecnico di Milano e il sostegno di Fondazione Falck e FS Sistemi Urbani, il quale prevede la messa a dimora di tre milioni di alberi entro il 2030”. La rigenerazione urbana oggi non può più prescindere da processi bottom-up, cioè dal basso. Trasformare la quantità in qualità è possibile: Barbaresco, le Langhe e il Piemonte, ne sono l’esempio, diventando il luogo ideale dove condividere gli spazi urbani con un minor numero di persone, ma con le quali coltiviamo maggiori affinità elettive. Scrive Ratti: dobbiamo “lavorare sull’assortatività cioè l’armonia che ci tiene insieme e che deriva dall’associarsi ad altri con cui condividiamo interessi, caratteri, ambizioni. In questo modo anche una piccola cittadina – o un borgo – possono trovare la loro vocazione e forse sconfiggere spopolamento e invecchiamento”. A Rio invece i protagonisti sono gli strumenti tecnologici: l’idea è quella di applicare la scansione 3D per mappare puntualmente zone sconfinate e incontrollate come la gigantesca favela Rocinha che, da sola, alberga oltre 100.000 abitanti. Non si tratta di un semplice esercizio toponomastico, lo scopo nobile è quello di capire cosa c’è e dove, al fine di garantire una precondizione necessaria alla realizzazione di infrastrutture di base come elettricità, acqua potabile e fognatura, ancora del tutto assenti là, nell’architettura spontanea cresciuta ai margini delle megalopoli. Ma la tecnologia maggiormente associata ai confini urbani, a ogni latitudine, è quella che nei prossimi anni favorirà il cambio di paradigma della mobilità, ovvero la transizione verso le automobili senza conducente. Un confine entro cui Singapore si è preparata per tempo, avendo addirittura istituito già dieci anni fa il Committee on Autonomous Road Transport for Singapore. “Partendo dall’analisi dei Big Data di Singapore, abbiamo stimato che, in uno scenario di futura mobilità autonoma, gli attuali 1,3 milioni di posti parcheggio della città Stato potrebbero essere ridotti di oltre l’80 per cento”, che potrebbero diventare una nuova, inattesa frontiera urbana. Così, mentre noi oggi ci confrontiamo ancora sull’opportunità dell’imminente rivoluzione della mobilità, oggi, nella municipalità di Singapore sono già operative tre aree speciali nelle quali circolano regolarmente veicoli senza guidatore. E forse, anche per questo, con visione di lungo periodo e pronta capacità di azione, una piccola isola equatoriale sprovvista di materie prime, è passata in mezzo secolo dalle baraccopoli a uno dei più alti livelli di pil pro capite al mondo.

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