A che cosa servono le corse

Almondo (Brembo), Isola (Pirelli) e Dolfi (Petronas) spiegano l’utilità delle competizioni per lo sviluppo della mobilità.

Si andrà verso un cambio radicale dei modello di mobilità”. Ha spiegato Sergio Savaresi, professore ordinario del dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del politecnico di Milano. “L’attuale contiene evidenti incongruenze perché oggi abbiamo un numero elevato di auto private utilizzate molto poco. In un mondo che deve divenire sempre più sostenibile questo è l’aspetto più difficile da accettare. Quindi in futuro avremo un numero minore di veicoli, ciascuno dei quali avrà un contenuto tecnologico molto più elevato e saranno usati sostanzialmente in condivisione”. Insomma Savaresi crede che in un decennio arriveremo all’auto a guida autonoma e condivisa per tutti. Una sorta di auto condominiale da condividere con i vicini. Intanto ha portato una Maserati MC20 all’ultima edizione della Mille Miglia. Una Maserati che è stata guidata dal computer lungo tutto il percorso. Proprio dalle esperienze derivate dalle competizioni arriva una spinta tecnologica, le gare sono un banco di prova per la mobilità del futuro. Ecco allora che all’interno del convegno ha destato molto interesse l’ultimo panel intitolato “Dalla pista alla strada, l’utilità delle competizioni”. “In tutto il mondo assicuriamo la sicurezza ad ogni frenata – ha spiegato Mario Almondo, responsabile Performance Division di Brembo Spa. “Nello svolgere il nostro lavoro accresciamo la nostra competitività e questo ci dà un enorme vantaggio. Se si riescono a fare bene le cose difficili per lungo tempo si impara tantissimo. I nostri prodotti sono in generale molto avanzati e competitivi per quanto riguarda le performance e la sicurezza. A mio avviso le infrastrutture vanno rese sempre più compatibili con la tecnologia” ha concluso Almondo. “Quello che il Motorsport ci insegna, va poi trasferito al settore stradale per rendere tutto questo utile all’utenza. Dalla Formula 1 – ha spiegato Mario Isola, responsabile di Pirelli Motorsport- abbiamo imparato lo sviluppo del virtuale portandolo come know how in azienda. Materiali, processi produttivi, prove indoor rendono tutto più rapido e preciso. Per la Formula 1 abbiamo un processo produttivo dedicato che ci permette tolleranze minime tra una gomma e l’altra. Abbiamo infatti l’obbligo di fornirle tutte uguali. Una mescola di Formula 1 che per altro genera grip sopra gli 80 gradi, non può essere montata su un’auto di produzione – questo è evidente – ma ci permette di imparare molto”. In continua evoluzione anche il mondo dei combustibili. “Il pilota chiede al carburante qualcosa in più – ha spiegato Andrea Dolfi, del reparto ricerca e sviluppo di Petronas-. Importanti anche l’olio di trasmissione e il liquido per l’attuatore idraulico. In una monoposto di Formula 1 ci saranno 130 chili di fluidi su una vettura che mediamente ne pesa 750. Tutto ciò che si aggiunge in termini di peso deve rappresentare un vantaggio. Per quanto riguarda il futuro della mobilità c’è stato uno shift importante nella power unit con la parte elettrificata che si è aggiunta al motore termico. La benzina di Formula 1 è certamente diversa, ma molti dei suoi ingredienti sono presenti anche in quella delle normali stazioni di servizio. Si chiama scienza formulativa. L’importante è avere componenti sostenibili”. Insomma anche nel motorsport c’è fermento e l’aggiornamento tecnologico è continuo ed ecco che allora resta la domanda: Cosa succederà tra qualche anno all’auto di oggi? Ha provato a rispondere Angelo Simone, Ceo di Guido LaScelta. “Con ‘Guido LaScelta’ abbiamo pensato a una start up per veicolare al cliente una comunicazione corretta sull’acquisto dell’auto. Cosa succederà tra tre anni all’auto di oggi? Le informazioni sono numerose e la paura di svalutazione è alta. Abbiamo pensato di intercettare questi bisogni di informazioni e di rassicurazioni. Sino a quando il cliente vedrà l’elettrico come un’imposizione la vedo difficile, soprattutto per coloro che operano in località carenti di infrastrutture”. Bene o male l’importante è che se ne parli!

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