La storia italiana della casa parte dal 1924, da un terreno di Nicola Romeo Riuscì anche a fornire la papamobile a Pio XI, oggi conservata in Vaticano L’ultima arrivata è la C3 Aircross un po’ Suv e un po’ lounge per le famiglie
Uno sguardo al futuro, ma anche uno al passato. Se dovessimo trovare un aggettivo per il giugno 2024 di Citroën la parola giusta è“bidirezionale”: da un lato ci sono stati il primo test drive della nuova C3 e la presentazione statica della C3 Aircross completamente rivisitata, dall’altro ai Dazi dell’Arco della Pace, per una settimana, si è tenuta una mostra sui 100 anni dallo sbarco a Milano del Double Chevron. Un secolo nel solco di una marca che ha sempre privilegiato l’originalità, con sfumature, come vedremo, anche solo italiane.
Bisogna però cominciare dal domani che diventa già oggi e la nuova C3 Aircross ne è l’espressione più recente, essendo l’ultima nata della casa. E’ la sorella “maggiorata” della C3 “normale, della quale mantiene le belle caratteristiche sia nell’aspetto sia negli equipaggiamenti: dalle linee squadrate, alla firma luminosa dei fari – mutuati dalla concept Oli, svelata nel 2021 -, alle assistenze alla guida, alle sospensioni “advanced comfort” (quelle che creano l’effetto tappeto volante) all’architettura del cruscotto che dispone di head up display e dei più recenti sistemi di connettività e infotainment.
E’ una parentela molto stretta, ricercata e voluta nella logica di uno stesso prodotto creato in due varianti che, sul piano commerciale, dovranno aiutarsi ed essere complementari, più che elidersi. La nuova C3 Aircross, pensata prima di tutto per le famiglie, vuole essere un Suv all’esterno e all’interno una “lounge” all’insegna della comodità e di spazi vivibili. In effetti nel suo essere “uguale” (o molto simile) alla sorellina, è pure differente. Innanzitutto nelle dimensioni (4 metri e 39 in lunghezza contro 4,01; 1,66 in altezza contro 1,57) e poi nella particolarità che in un’apposita variante, con un extra di 890 euro, può arrivare ad ospitare fino a 7 passeggeri senza modificare il look della macchina. Grazie a una grande porta posteriore e agli schienali reclinabili dei sedili della fila 2, si accede a due posti aggiuntivi, retrattili eda ripiegare, se non utilizzati, per creare una zona di carico piatta. La terza fila, che riduce da 330 litri a 40 il volume del bagagliaio, è attrezzata con lo stesso standard delle altre, con poggiatesta, braccioli, portabicchieri, presa Usb, pozzetto per i piedi e aria condizionata. Ma avendo provato di persona questa configurazione, la novità secondo noi può funzionare solo se i “più due” sono dei bambini.
L’altro elemento distintivo rispetto alla C3 è che la Aircross, i cui ordini sono stati aperti il 20 giugno al prezzo d’attacco di 18.790 euro (versione a benzina da 100 cavalli e 1200 cc di cilindrata, in allestimento You), è che può già essere richiesta nella soluzione ibrida (136 cavalli: primizia storica per il modello), prevista invece solo dall’autunno per la sorellina. Anche sul fronte delle motorizzazioni siamo all’integrazione con la C3: a fianco del modello endotermico e di quello hybrid ci sarà infatti la versione elettrica da 44 kWh, con autonomia da 300 km, detto che nel 2025 arriverà una variante da 440. La politica dei prezzi contenuti si estende pure alla C3 “maggiorata”, che disporrà a sua volta di una configurazione più ricca, la Max: l’elettrica costerà meno di 30 mila euro, la ibrida si attesterà attorno ai 25 mila, mentre dopo le fasi iniziali il modello a benzina non si scosterà dai 20 mila.
All’Arco della Pace non c’era ancora la versione Aircross, mala C3 più piccola non mancava e faceva da contraltare, in uno dei locali dell’esposizione, a una C6 di quelle prodotte a Milano (assieme alla C4, più piccola e proposta ai taxisti) e griffata con una targa che ricordava come fosse, appunto, una “Citroën italiana”. Il 5 agosto 1924 era infatti nata la Saiac (Società Anonima Italiana Automobili Citroën) perché André Citroën aveva acquistato da Nicola Romeo – altro nome storico dell’automotive – dei terreni nella zona del Portello. In pratica gli stessi di via Gattamelata dove per anni c’è stata la sede del Double Chevron e dove ora c’è, sotto l’egida di Stellantis, il punto di riferimento di tutti i marchi del gruppo.
All’inizio le prime Citroën costruite in Italia dovevano aspettare i motori dalla Francia, poi dal modello 10 C l’indipendenza da Parigi fu totale.
La mostra ha ripercorso così il secolo di questa esperienza italiana – che permise al Double Chevron anche di fornire la “papamobile” a Pio XI: nel 1992 è stata restaurata e collocata nelle Scuderie Vaticane – esplorando poi i vari momenti di un’azienda che, grazie alla genialità del suo fondatore, ha sempre seguito il filone dell’originalità, a costo di diventare provocazione. André Citroën è stato poi un genio della comunicazione, della pubblicità e del marketing: come scordare la Tour Eiffel per anni illuminata dalla scritta della casa, oppure l’aereo acrobatico che disegnava la scritta Citroën in cielo, oppure ancora i raduni in luoghi strategici, sullo stile dei test drive odierni, per far provare le auto ai potenziali clienti?
Per attuare i suoi progetti ha dovuto fare sponda ancora sull’Italia, grazie a Flaminio Bertoni, lo stilista varesino delle sue più belle vetture, dalla Traction Avant, alla 2 Cavalli, alla DS. Ecco, pensando alla Dea non può mancare un grande appunto alla mostra. Dal 2015 DS è diventata una casa indipendente (ancorché inserita nello stesso gruppo) e proprio per questo c’è ormai la tendenza, negli eventi e nella comunicazione Citroën, a non sottolineare che quelle due lettere sono state, prima di tutto, il simbolo di una macchina clamorosa, addirittura un’opera d’arte e uno “splendido mostro” come la definì Lucio Fontana. Ecco, nella rassegna sui 100 anni italiani di Citroën, la DS è stata trattata giusto con un paio di schizzi progettuali di Bertoni. Ma occultare solo per logiche commerciali questo gioiello spuntato dalla storia, e destinato ad essere eterno, è un errore imperdonabile.