In due anni il numero degli impianti in Italia è quasi raddoppiato Motus-E segnala che al 30 giugno 2024 i punti pubblici erano 56.992 L’auto elettrica non ha ancora sfondato per altri problemi
La scarsità di colonnine è considerata una delle ragioni principali che frenano lo sviluppo dell’auto elettrica nel nostro Paese: ci sono indubbiamente situazioni non a punto come la diffusione a macchia di leopardo, che obiettivamente rende complicato spostarsi lontano dai centri principali, a parte le province più ricche.
In parecchie zone del Centro, del Meridione o anche della Liguria molto frequentata dai milanesi, siamo lontani dalla densità nelle principali aree del Nord. Si perde un po’ di sorriso anche quando ci si trova davanti a una colonnina che non funziona e non è segnalata dalle apposite app. Oppure una cosa che si verifica in non pochi punti di ricarica – tipico il caso dei parcheggi preposti nei centri commerciali o supermercati – la possibilità che un’auto termica ‘rubi’ lo spazio a una a corrente, senza incorrere in sanzioni.
Interessante, in questo senso, una recente analisi di car-Vertical, società leader nella raccolta di dati per il settore automotive, da cui si evidenzia che per la maggior parte degli italiani, l’ansia da ricarica influisce tanto sul mancato passaggio all’elettrico. Un risultato che conferma una vecchia sensazione. Ma viene superata per negatività dal prezzo di acquisto (spesso fuori mercato rispetto a quello delle termiche pure o ibride) e dalla svalutazione in tempi relativamente brevi. Lo studio di carVertical ha rilevato che molti rivenditori di auto usate sostengono che nessuno vuole un veicolo elettrico di seconda mano poiché sono comunque più costosi di quelli diesel e benzina, e il degrado delle batterie ne compromette anche il valore residuo.
Fatta la premessa, le ultime analisi sul tema colonnine confermano che si tratta di un falso problema. Il monitoraggio dell’associazione Motus-E dice per esempio che al 30 giugno 2024 risultavano installati 56.992 punti a uso pubblico, in netta crescita di 11.782 unità nei 12 mesi, di 6.314 unità dall’inizio dell’anno e di 2.828 nell’ultimo trimestre.
In due anni, il numero dei punti è quasi raddoppiato, partendo da 30.704. Colpisce il confronto con i dati più aggiornati per la quota di elettrico in Italia, quelli del periodo gennaio-agosto 2024: la quota delle immatricolazioni (dati Unrae) è stata del 3,8% sul totale, contro il 3,9% del 2023 e il 3,5%. del 2022. In pratica, siamo all’encefalogramma piatto, nonostante il debutto di decine di modelli, il ‘martellamento’ politico-ecologista e le campagne promozionali delle Case.
Per capirsi ancora meglio, in agosto sono state vendute 2.065 unità contro le 4.079 di luglio e si sorride (amaramente) pensando alle 13.285 unità di giugno, dove l’impatto degli eco-bonus fece salire di colpo la quota al 9%. Nel monitoraggio e-Motus, si nota soprattutto la crescita di installazioni lungo le autostrade, dove sono presenti 963 colonnine (erano 657 un anno fa e 235 alla fine di giugno 2022), di cui l’85% è di tipo veloce in corrente continua e il 62% supera i 150 kW di potenza. Si nota che il 41% delle aree di servizio autostradali è dotato già di infrastrutture adeguate.
Quanto alle regioni, è sempre la Lombardia ad avere il maggior numero di punti di ricarica (10.902 punti di ricarica, +3.245 negli ultimi 12 mesi), davanti a Piemonte (5.775 punti, +1.261), Lazio (5.641 punti, +1.290) mentre tra le province, Roma mantiene la leadership (4.451 punti, +1.052), seguita da Milano (3.618 punti, +1.074), Napoli (2.839 punti, +212), Torino (2.641 punti, +634) e Brescia che con meno di 200mila abitanti ha 1.681 punti, con +216 rispetto al 2023.
La vera sfida è rispettare gli obiettivi del Pnrr, che prevede non solo l’installazione di ulteriori 41.000 punti di ricarica ad alta e altissima potenza da parte degli operatori, ma la connessione e attivazione di questi a opera dei distributori territoriali entro la fine del 2025.
Attualmente, il 17,9% delle colonnine installate in Italia è infatti in attesa di collegamento, il che rende necessario l’accelerazione delle procedure autorizzative. “Stiamo realizzando in tempi strettissimi un’infrastruttura sempre più capillare e diffusa, che può fare dell’Italia un punto di riferimento a livello europeo. Gli operatori della ricarica, come A2A, sono pronti e determinati a fare la propria parte, per continuare a lavorare alla pianificazione della rete e tenere l’Italia al passo degli altri Paesi dell’Unione” spiega Fabio Pressi, CEO di A2A E-Mobility. Se si vuole restare ancora più perplessi sulla teoria che mancano le colonnine, basta leggere il rapporto EAFO (l’European Alternative Fuels Observatory) da cui si evidenzia che in EU i punti di ricarica ad accesso pubblico hanno superato nettamente quota 700 mila, a fine giugno.
C’è stato un incremento significativo sia di quelli in AC, arrivati a 630.113 unità, sia in DC con 103.028 punti. Meglio di noi, guardando ai numeri, ci sono unicamente Paesi Bassi, Germania, Francia e Belgio. Paesi Bassi e Belgio, insieme alla Danimarca sono i migliori calcolando il numero delle colonnine ogni 10mila abitanti ma in realtà bisogna guardare alle Nazioni come Germania e Francia che hanno rispettivamente una quota di auto elettriche sul mercato totale intorno al 18% e al 13% ma con 90mila e 85mila colonnine. A conferma che l’Italia ha i punti di ricarica, ma non le auto elettriche.