La storia della DB5, presentata nel settembre 1963 a Francoforte e diventata un simbolo della casa inglese.
Nei Sessanta la volevano tutti. L’agente segreto più famoso al mondo, James Bond, è salito a bordo trasformandola in un simbolo d’orgoglio nazionale, proprio come la minigonna e il Concorde. L’Aston Martin DB5 è un’icona della cultura, del design e dell’innovazione britannica. Sono passati esattamente 60 anni da quando venne presentata. Era il 1963. I Beatles erano ancora quattro ragazzotti di Liverpool anche se, con il primo album “Please Please Me” uscito il 22 marzo di quell’anno, Paul e George ne acquistarono una nuova fiammante. Gli Swinging Sixties erano sul punto di decollare travolgendo al ritmo della Swinging London tutto quanto e Aston Martin era sulla bocca di tutti. Lo doveva alla DB4 del 1958. Un’auto rivoluzionaria per il marchio, con buoni risultati di vendita alle spalle sin dalla sua presentazione. Tuttavia, con la forte concorrenza dei produttori di auto sportive di lusso sia in patria che nel continente, si rendeva necessario qualcosa di nuovo per mantenere il marchio al top. Arrivò la DB5. Presentata al pubblico del Salone dell’automobile di Francoforte nel settembre 1963, aveva design, tecnica, dotazioni tutte nuove. Soprattutto, ingegneri e tecnici avevano fatto un lavoro importante sullo sviluppo del motore, così da garantire una potenza sempre maggiore. In fondo si trattava di una DB, sigla derivata dalle iniziali di David Brown, l’imprenditore proprietario di una fabbrica di trattori (vi ricorda Ferruccio Lamborghini?) che nel 1947 salvò la Aston Martin dalla bancarotta, mantenendone il comando fino al 1972. Quella esposta in Germania montava una nuova versione da 4,0 litri (3.995 cc) molto rielaborata del sei cilindri che equipaggiava la DB4: era una bomba. Il nuovo motore sviluppava una potenza di 282 cv già nella versione standard. Questa potenza aggiuntiva faceva parte di una serie di modifiche tecniche e di equipaggiamento, come il debutto dei tergicristalli elettrici e l’aria condizionata (optional), accuratamente progettate per soddisfare le aspettative di clienti sempre più sofisticati ed esigenti. Le prestazioni, un marchio di fabbrica Aston Martin anche 60 anni fa, erano commisurate allo stile slanciato dell’auto – frutto della Carrozzeria Touring Superleggera italiana – e la velocità massima superiore a 150 miglia orarie (240 km/h) spingeva la brochure Aston Martin dell’epoca a dichiarare: “La DB5 è l’auto GT a 4 posti regolare più veloce al mondo”. Si sceglieva nella doppia variante berlina e cabriolet, ma venne costruita nello stabilimento e nella sede centrale del marchio a Newport Pagnell, nel Buckinghamshire, per appena due anni e poco più: vennero prodotte solo 887 DB5 berlina, 123 cabriolet e 12 shooting brake, rigorosamente su misura. Amatissima ancora oggi, la DB5 si ritrova nei garage più esclusivi al mondo, come quelli di Ralph Lauren, Jay Kay o Elle McPherson. A questa granturismo dobbiamo inoltre le basi per le auto successive, fino all’attuale DB12, la prima Super Tourer al mondo, alimentata dal 4.0 V8 biturbo di origine Mercedes-AMG ampiamente elaborato per sviluppare 680 cavalli, tutti sulle ruote posteriori. Un’auto ancora una volta da sogno, elegante e velocissima. Con l’abitacolo totalmente ripensato per proiettare il marchio caro a 007 in una nuova era, che unisca ai rivestimenti in pelle con inserti pregiati (fibra di carbonio, alluminio, legno) il cruscotto digitale e il display dell’impianto multimediale integrato nella vasta consolle. È il nuovo corso. E tocca dire quindi addio ai cari, vecchi e classici strumenti circolari Smiths che per sessant’anni hanno segnato un’era.