La diffusione dell’intelligenza artificiale rischia di svuotare gli uffici dei designer di quegli indispensabili tocchi di magia.
Il design automobilistico è in continua evoluzione. Il progresso non si ferma, e se il tecnigrafo è andato definitivamente in pensione, l’integrazione di CAD (Computer-Aided Design) e IA (Intelligenza Artificiale) nel processo creativo del design automobilistico sta rivoluzionando l’industria. Certo non è una novità, ma l’avvento e la diffusione di ChatGPT e dei suoi fratelli rischia di accelerare ulteriormente questo processo svuotando, forse, di quel tocco analogico e romantico che la contemporaneità digitale mette all’angolo. D’altronde se dal dopoguerra in poi, cioè l’epoca d’oro del boom e della motorizzazione di massa che ha visto nascere icone assolute e inimitabili, l’industrializzazione del disegno era circoscritta a pochi fuoriclasse, l’ingegnerizzazione del processo creativo ha democratizzato, diciamo così, i confini geografici, sociali, economici. Intendiamoci, i vantaggi sono molteplici. Con la modellazione 3D, per esempio, i software CAD che consentono ai designer di creare modelli tridimensionali dettagliati delle auto ancora in fase progettuale. Modelli che possono essere visualizzati, modificati e testati virtualmente, accelerando il processo di progettazione e riducendo sensibilmente i costi. La prototipazione virtuale completa la prima fase. I prototipi fisici richiedono infatti tempo e soprattutto risorse, ma con il CAD i designer possono crearne di virtuali, eseguire simulazioni e testare diverse soluzioni, senza dover costruire fisicamente ogni iterazione. Senza contare il vantaggio di poter lavorare contemporaneamente in più luoghi, con l’impegno di più team; molti centri di ricerca e sviluppo e studi di design di proprietà dei grandi gruppi automobilistici, infatti, sono installati in aree geografiche strategiche. Spesso, a continenti di distanza. Il CAD permette però la collaborazione remota, e i designer possono così condividere file, annotare disegni e coordinare gli sforzi in modo efficiente e connesso. Poi c’è l’IA che, nel design automobilistico, porta la generazione creativa in cui gli algoritmi possono generare idee e concetti innovativi come, ad esempio, suggerire forme, proporzioni o dettagli che potrebbero sfuggire all’occhio umano. Soprattutto l’ottimizzazione dei processi è uno degli elementi di spicco: l’IA analizza dati e feedback per ottimizzare le prestazioni delle auto, suggerendo per esempio modifiche aerodinamiche o materiali più leggeri. L’algoritmo guida verso nuovi orizzonti anche la personalizzazione: consente infatti di tradurre il concetto su larga scala, anche se così facendo più che di personalizzazione si dovrebbe parlare di omologazione. Tuttavia, i sistemi di raccomandazione suggeriscono opzioni di design basate sulle preferenze degli acquirenti, elaborati proprio con i medesimi criteri sfruttati dalle app IA che installiamo sul nostro smartphone, cioè accedendo a informazioni e metadati provenienti da tutto il mondo. Il design diventa così generativo, con l’IA in grado di generare automaticamente varianti di un design, esplorare una vasta gamma di possibilità, anticipare le richieste del mercato. E una volta terminato il processo e realizzata la vettura, sempre l’IA si potrà occupare delle simulazioni avanzate, cioè quelle complesse necessarie a testare il comportamento delle auto nelle più diverse condizioni. Poi? Non resta che costruire l’auto e farsi trasportare, perché fra non molto pure la guida autonoma di livello 5 (quella in cui la vettura è autosufficiente) sarà realtà. Ma questa è un’altra storia.