Si chiudono i festeggiamenti per i 25 anni di un costruttore davvero unico Horacio: “Il nostro segreto è non restare su strade conosciute, ma avere nuove idee”.
Storia e leggenda al Mauto di Torino: la storia è quella ospitata dalle collezioni e costantemente attualizzata dalle mostre e dai convegni, la leggenda è quella contemporanea rappresentata dalla Pagani Automobili e del suo fondatore Horacio. “Quest’anno festeggiamo i 25 anni di attività e ho vietato – premette – di pronunciare la parola successo sino a quando non arriveremo a quattro volte questo traguardo”. Come a dire, siamo soddisfatti di noi stessi, ma il bello deve ancora venire. La mostra torinese è l’evento che chiude le celebrazioni del quarto di secolo e si intitola: “25 anni di Cuore, Mani e Passione” (resterà aperta al pubblico fino al 14 gennaio 2024). In esposizione le auto (Zonda, Huayra e l’ultima nata, Utopia). Esposti anche disegni, alcune parti meccaniche, i potenti gruppi motore (da sempre realizzati con la Mercedes AMG, in un rapporto che non è di semplice fornitura, ma di stretta collaborazione e di processi progettuali condivisi). La creatività di Horacio Pagani trae linfa da ricerca, innovazione, impiego di tecnologie raffinate. Senza troppi condizionamenti dalle tendenze del momento. Del resto, chi acquista una Pagani acquista un sogno (parole di Pagani stesso) e ciascuno è libero di sognare come vuole. “Questa mostra è stata proposta in giro per il mondo – spiega il fondatore dell’azienda – e ha toccato luoghi iconici per il mondo dell’auto. Essa stessa è una tappa del nostro viaggio, un viaggio che con il trascorrere del tempo vuole passare dalle auto alle persone. Da parte mia, guardando alla storia dell’auto, non posso che ringraziare i grandi “visionari” del passato, dai Maserati a Enzo Ferrari a Ferruccio Lamborghini. Anche per questo mi onora la tappa a Torino, patria di una grande scuola di design”. Svela anche un retroscena: nel 1982 bussò alle porte di Giorgetto Giugiaro senza successo. Negli anni, Pagani e Giugiaro sono diventati amici: “Ogni volta che ci incontriamo, mi ribadisce quale fortuna sia stata che non abbia trovato un lavoro presso di lui, così ho cercato una strada tutta mia. Penso che abbia ragione”. Il venticinquennale cade in un momento di grande trasformazione dell’automobile, che si sta spostando verso l’elettrificazione. Come immagina Horacio Pagani i prossimi 25 anni e quelli che mancano al traguardo dei cento? “Sono ottimista sul futuro della Pagani – spiega – perché sappiamo realizzare auto di altissima qualità, applicando le tecnologie più avanzate. Abbiamo tante aziende che collaborano con noi, costruiamo vetture che sono estreme, ma piacevoli da guidare. Le nostre automobili non sono per il nostro ego, ma per rispondere alle esigenze di chi le acquista. Per questo siamo aperti a ogni soluzione, ma sappiamo anche che al momento nessuno dei nostri clienti chiede l’elettrico o l’ibrido. Del resto, una Pagani non è per portare i figli a scuola né per andare a fare la spesa”. L’azienda è rivolta al futuro, l’età media di designer e progettisti è attorno ai 30 anni. “Io li sprono ad avere idee nuove, non importa se a volte un disegno non riesce bene. L’importante è non restare sulle strade conosciute”. Una Pagani non è una supercar, ma una hypercar, non può e non deve assomigliare a nessun’altra. Detto questo, nuovi sistemi di progettazione e di simulazione vengono applicati, anche verso aree tecniche che in passato erano demandate all’esterno, come l’elettronica. E si fa ricorso alla l’intelligenza artificiale, che permette di risparmiare tempo, dedicandosi ad altri progetti. La storia industriale delle Pagani nasce con la Zonda del ‘99, rimasta in catalogo per oltre un decennio, prodotta solo in 140 esemplari e declinata in diverse versioni ed edizioni speciali. Molto in funzione (ora come allora) dal gusto del cliente. Anche per questo il design, fedele a se stesso nei criteri di base, si modica in funzione delle personalizzazione. La Zonda era inizialmente equipaggiata con il V12 da 5987 di cilindrata, regolarmente omologata per la circolazione. Le successive versioni, come la “S”, avevano cilindrate maggiori (da 7 litri o 7.300 cc con potenza cresciuta sino a oltre 550 CV. La “F Clubsport” aveva 650 CV). Nel 2013 è arrivata la Zonda Revolucion, con un V12 aspirato (sempre Mercedes AMG) da 6 litri e ben 800 CV (da 0 a 100 in 2,6 secondi, velocità massima di oltre 350 orari): ne vennero prodotte cinque. Parlare di soldi di fronte a una Pagani non è elegante, i prezzi sono in linea con l’esclusività; questa Revolucion costava 2 milioni e 200 mila euro. Peraltro nel 2018 la Zonda divenne anche Barchetta HP (le iniziali di Pagani) che costava 20 milioni di euro (la più costosa auto di serie, benché realizzata in soli 5 esemplari). Dopo la Zonda si è aperta l’era della Huarya (per restare in tema di prezzi, la versione Codalunga costa 7 milioni) Zonda è il nome di un vento argentino, Huarya si ispira al nome di una divinità della mitologia sudamericana che comanda le brezze. Un omaggio di Pagani alle sue origini. “Io sono nato a Casilda, in Argentina, figlio e nipote di italiani. La mia famiglia aveva un forno e io imparai che se il pane non è buono i clienti vanno a compralo altrove”. La Huayra è un modello chiave perché ha esteso l’uso di materiali in compositi, un cavallo di battaglia di Horacio Pagani, e ha richiesto un esteso lavoro di coprogettazione con la AMG per la comprensibile difficoltà di coniugare un V12 Turbo di 4 litri (con in relativi 700 CV di potenza) con le norme sulle emissioni. Oggi la Pagani approda alla Utopia, che si segnala per l’adozione di linee più essenziali, anch’essa con un V12 AMG di 6 litri e 864 CV). La strada verso i cent’anni è forse meno lunga di quanto si possa credere.