Non vedi auto, ma neppure moto o scooter. Ma il centro è pieno di ciclisti. La zona a traffico limitato controllata da un sistema di 5.500 telecamere.
Precipitare nella civiltà dopo neanche due ore di volo è una esperienza quasi scioccante. È la stessa sensazione che deve provare qualcuno che, per qualche ragione, è quotidianamente vessato e un giorno, all’improvviso, per caso non lo è più; allora pensa che la cosa eccezionale sia quella, la serenità, e non la violazione della sua quotidianità, ormai divenuta, purtroppo, la normalità della sua vita. È questo che provi quando, da Milano, atterri a Londra, un luogo che dal punto di vista della mobilita rappresenta, appunto, la civiltà ovvero una città come dovrebbe essere. E parliamo di una metropoli che nel solo territorio interno al raccordo anulare M25 conta una popolazione di 8 milioni di abitanti (diventeranno 10 milioni nel 2029), con tutte le difficoltà che ciò comporta. La prima cosa a stupire è che a Londra in centro non vedi, o perlomeno non percepisci, automobili parcheggiate ai lati delle strade. Sorprendentemente, o per meglio dire di conseguenza, non c’è traffico, non ci sono auto incolonnate; ed è perciò che i bus si muovono veloci e i taxi altrettanto, favorendo un prezzo delle corse, in una città carissima, piuttosto basso. Sembra banale, invece è frutto di un processo lungo anni (la creazione di TfL, Transport for London, l’entità che si occupa della rete di trasporti di Londra, risale al 2000), di decisioni forse inizialmente impopolari e non totalmente condivise, ma certamente coraggiose, che hanno prodotto risultati. La ULEZ (Ultra Low Emission Zone), la zona a traffico limitato nel centro di Londra, ha dimezzato l’inquinamento dell’aria. E dal 29 agosto di quest’anno verrà ampliata, coinvolgendo nuove aree per una zona green sempre più vasta. È attiva tutti i giorni dell’anno, eccetto il 25 dicembre, 24 ore al giorno. Se il veicolo non rientra negli standard ULEZ, devi pagare un ticket di ingresso di 12,5 sterline (14 euro, al cambio odierno); se non lo fai, la multa è di 200 euro. Le regole valgono per tutti: auto, moto, furgoni, veicoli speciali, minibus. Sgarrare è difficile, perché Londra è una città videosorvegliata. La centrale che controlla il traffico si chiama NMCC ed è ritenuta lo stato dell’arte in materia a livello mondiale. Può contare su un sistema di 5.500 telecamere a circuito chiuso che verificano accessi, monitorano il traffico, danno l’allarme in caso di incidenti. Un’altra cosa che colpisce, e non poco, è che a Londra non vedi moto né scooter. Un disincentivo è certo il fatto che nella zona a traffico limitato possono entrare senza pagare solo le due ruote con motore minimo Euro 3. Ma ancor di più lo fa il parcheggio: non ci sono scooter ammassati, come in Italia, ai bordi delle strade, sui marciapiedi. E se non puoi parcheggiare, cosa ti muovi a fare? L’uso della bici, invece, è fortemente incoraggiato. La strategia Vision Zero prevede che nel 2041 non ci siano più incidenti gravi o mortali dovuti ai trasporti e che l’80 per cento dei trasferimenti nella capitale avvenga tramite mezzi pubblici e biciclette o a piedi. Attualmente, questa percentuale è del 63 per cento, e non soddisfa il sindaco Sadiq Khan. Ogni giorno, sono oltre 700 mila gli spostamenti che nella Greater London avvengono in bici. Ma anche qui, in modo intelligente: dove la metti, la bici, una volta che sei arrivato al lavoro, oppure quando giungi alla stazione della metro che ti porterà in centro? La attacchi alla prima cancellata che trovi? Macché. Ecco dei grossi contenitori metallici, chiusi a chiave, in grado di contenere varie bici, dove gli abbonati possono tenere al sicuro (e ordinatamente) la loro bici mentre lavorano o quando cambiano mezzo di trasporto. Ne vedi tanti vicino alle stazioni della metropolitana nelle aree attorno alla City. Comunque, la bici la puoi anche portare sui mezzi pubblici: in determinati orari, a meno che tu non utilizzi una bici pieghevole. Nel 2008, l’allora sindaco di Londra stabilì che l’utilizzo delle due ruote a pedali dovesse aumentare del 400 per cento al 2025, e per questo sono state fatte tante azioni. Nel 2010 a Londra è nato il bike sharing. Si è lavorato molto per la sicurezza, che, non solo nella capitale britannica, è il punto dolente degli spostamenti a pedale: sono state create corsie preferenziali ed eliminati i guard rail ove non strettamente necessari, letali quando i ciclisti sono speronati dalle auto. Il limite di velocità è sceso a 20 miglia orarie, circa 30 km/h, coinvolgendo sempre più settori della città (nel 2024 saranno 220 i chilometri di strade londinesi a 20 mph), perché il suo abbassamento ha prodotto la riduzione del 25 per cento degli incidenti mortali o gravi. A Londra non ti senti obbligato ad avere, e a usare, l’auto; e se lo fai, non fai la figura del più intelligente del villaggio. Infatti, molte persone non ce l’hanno proprio. Chiaro, quando hai 10 mila bus a disposizione e 402 chilometri di metropolitana suddivisi in 11 linee, è più facile. Ma l’impressione è che ci sia una condivisione del problema, da parte delle persone, che tutti partecipino, ed è forse questo il segreto della civiltà: non pensare più solo a se stessi, ma al bene della collettività e soprattutto al futuro.