Il professore del Poli a capo del team italiano nella prima gara con monoposto guidate dai computer sulla pista di Monza.
Torna il Mimo, il Milano Monza Motor Show, quest’anno in programma dal 16 al 18 giugno con un calendario ricco di eventi dinamici e di novità: area espositiva e area test drive coincideranno nei paddock dell’Autodromo Nazionale di Monza, dove su un percorso ad hoc di 4 km sarà possibile provare tutte le motorizzazioni presenti. Ma quest’anno Mimo andrà oltre, ospitando l’Indy Autonomus Challenge, la gara per vetture a guida autonoma senza pilota programmate da squadre composte da università e centri di ricerca di tutto il mondo. Il professor Sergio Matteo Savaresi, Direttore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, è uno dei grandi protagonsti, avendo già vinto il trofeo con la squadra del Poli. Ci spiega dove e perché nasce l’Indy Autonomous Challenge: “E’ un classico challenge all’americana, quindi è stato ideato e sviluppato nel 2021 da un gruppo di organizzatori che fanno riferimento allo stato dell’Indiana che è sede del famoso circuito di Indianapolis. L’obiettivo primario era quello di creare una prima competizione tra auto a guida autonoma. L’obiettivo ultimo, ovviamente, è quello di sviluppare la tecnologia dell’auto autonoma, che è estremamente importante per il futuro della mobilità. Quindi accelerare questa tecnologia così complessa e ancora così sottosviluppata”. Nell’Indy Autonomous Challenge vengono sperimentate nuove soluzioni che ricadranno sulle auto di serie: “Il pacchetto tecnologico è molto simile a quello delle auto di serie anche se sensori, attuatori, computer e così via rappresentano lo stato dell’arte ovvero il meglio sul mercato. Noi abbiamo sperimentato e stiamo sperimentando situazioni estreme. Un conto è andare a 50 orari un conto è andare a 300 all’ora. Pensate quando “andiamo forte” in un secondo facciamo 100 metri”. Le auto che gareggeranno a Monza, per la prima volta su una pista vera e non su un ovale, si guidano completamente da sole. “Non è una guida remota, non c’è nessuno dietro un volantino in una stanza, le auto sono completamente autonome, guidano da sole. Quando le auto entrano in pista noi schiacciamo un pulsante e diventiamo degli spettatori. Noi controlliamo in remoto ma non interagiamo. A quelle velocità è praticamente impossibile guidare in remoto”. “Per me è un vero onore correre a Monza – aggiunge Savaresi – ho contribuito a portare questa gara in Italia, fino ad ora sono stati utilizzati solo circuiti ovali da quest’anno si provano circuiti internazionali e non ovali e quindi più complessi. Il team del Politecnico ha sostanzialmente vinto tutte le gare in USA e ciò ha spinto gli organizzatori a vedere la “soluzione Italia” come quella ideale e come anche un premio per il nostro impegno”. A questo punto la domanda è d’obbligo: che auto guida professore? “Io ho una vettura “tradizionale” non sono passato ancora all’elettrico ma presto passerò a una vettura ibrido plug-in. La mia in ogni caso è dotata di Adas e li utilizzo come ausili alla sicurezza. Non si tratta ancora di strumenti che consentono di dare un pilota automatico alla guida. Questo è il prossimo passo”. L’evoluzione delle auto è continua. Ma dove arriveremo? “Non è difficile fare una previsione ma è più complesso definirne i tempi. Essenzialmente il mondo della mobilità personale andrà in tre direzioni. Una è l’elettrificazione. La seconda è il passaggio da una mobilità di proprietà privata a una mobilità a servizio, quindi di fatto, chiamiamolo il car sharing. La terza direzione è la guida autonoma. Le tre cose sono strettamente collegate. In particolare l’auto autonoma consente il passaggio di massa verso la mobilità servizio. Prima di avere l’auto autonoma è impossibile passare su larga scala al cosiddetto car-sharing, serve il robot driver! A quel punto, quando andremo verso un utilizzo di massa della mobilità al servizio, anche l’elettrificazione su larga scala sarà possibile. Io dico sempre l’elettrificazione mantenendo il modello privato, può limitarsi a un venti-trenta per cento al massimo. A mio parere l’elettrico mal si sposa con il concetto di auto privata. Prima di avere una elettrificazione di massa bisogna passare a una mobilità non più di proprietà privata ma di servizio. E per far questo sono certo serva l’auto autonoma”.