I dati del settore parlano di un + 31,1% del fatturato globale rispetto al 2021, con 26.250 posti di lavoro. Nel 2022 saranno costruite in tutto il mondo 1.023 barche al di sopra dei 24 metri, 524 di queste saranno realizzate nei cantieri italiani.
È stata una Genova per tanti, non solo per gli addetti ai lavori. E’ la fiera dei sogni (è sempre stata e lo sarà sempre, in definitiva) ma rende di buon umore sapere che l’edizione 2022 del Salone Nautico Internazionale ha registrato 103.812 presenze, con un incremento del 10,7 % rispetto all’anno precedente. E in un momento dove si fatica a sorridere in vari settori – l’auto in primis – è sorprendente constatare il momento eccezionale per la nautica italiana. I dati del settore parlano di un + 31,1% del fatturato globale rispetto al 2021, con 6,1 miliardi di euro come fatturato per una crescita complessiva del 9,7% e 26.250 posti di lavoro. Inutile girare intorno: tutti portano il loro mattone, ma bastava una passeggiata sulle banchine del marina genovese per intuire che le fondamenta, i muri e forse il tetto della struttura sono rappresentati dai superyacht. “Nel 2022 saranno costruite in tutto il mondo 1.023 barche al di sopra dei 24 metri, 524 di queste saranno realizzate in Italia. In più, il settore dei mega yachts è quello che nel nostro paese sta tirando di più. Mentre l’economia internazionale ha subito le conseguenze prima della pandemia, poi della crisi generale, noi abbiamo saputo reggere. Siamo una nicchia del lusso, e quando si parla del bello e del ben fatto si parla solo di Italia” sottolinea Saverio Cecchi, il n.1 di Confindustria Nautica. Bisogna ammettere che le big four di casa nostra (Ferretti Group, Sanlorenzo, Azimut-Benetti, Baglietto) e gli altri cantieri che producono ‘taglie forti’ hanno visto bene. Se Genova è stata la vetrina evidente del momento d’oro, il Monaco Boat Show ancora una volta ha rappresentato la cartina di tornasole della mega nautica. E’ tornato in grande stile: ormeggiati tra le stipatissime banchine del porto monegasco si contavano yacht per un controvalore complessivo di 54 miliardi di euro. Un nuovo record: come dire, il pil di un paese come la Slovenia o il valore di una robusta manovra finanziaria italica. Pure questo è un segno di un settore che non conosce crisi malgrado la crisi energetica, il rialzo dei tassi e, soprattutto, la guerra tra Russia e Ucraina che ha chiuso le porte agli oligarchi dell’Est europeo, da sempre tra i nababbi più disposti ad alleggerire i propri conti in banca per assicurarsi barche di straordinario lusso. Come testimoniano i numeri diffusi da Rina – la multinazionale (con sede a Genova) dell’ingegneria, della consulenza e della progettazione – la crescita vertiginosa del segmento è proseguita anche nel 2021: le vendite del super lusso dell’industria marittima, che include imbarcazioni che vanno dai 40 ai 180 metri, sono aumentate del 78% rispetto all’anno precedente. Un boom imprevisto che è frutto da un lato della crescente disparità economica con l’affermazione di un piccolo esercito di super ricchi più numeroso, e dall’altro di un riposizionamento della domanda, con Nordamerica, Paesi arabi e mediorientali a guidare le élite più danarose della flotta mondiale. E quindi in procinto di rimpiazzare gli oligarchi russi, da mesi in cima alle liste delle persone non gradite e condizionati dalle sanzioni imposte da Unione europea e Stati Uniti. Sempre Rina ha dato indicazioni sui proprietari dei super yacht che navigano in Mediterraneo e ai Caraibi: sono i cittadini statunitensi che detengono il 22,6% della flotta mondiale di yacht, seguiti dai russi con l’8,7% e dagli arabi che a breve li supereranno. Molti, fortunatamente, sono nostri clienti: le 318 imbarcazioni ordinate ai produttori italiani tra gennaio e maggio del 2022 equivalgono a una super nave lunga 13,4 km, se tutti gli yacht fossero messi in fila e ormeggiati su una banchina di lunghezza inusitata. L’Olanda, che è il secondo produttore di yacht, conta ordini per 4,8 km e pesa un terzo rispetto all’Italia. Il resto del mondo (Olanda inclusa) conta ordini per circa 18,5 km. Il che equivale a dire che l’Italia ha una quota di mercato del 42% nel settore del lusso marino. Dal ‘giochino’ ne ricaviamo un mare di soldi: sempre la ricerca del Rina parla di un costo di 300 milioni di euro per uno yacht lungo 100 metri, che può sviluppare una velocità massina di 25 nodi e ospitare un equipaggio di 50 unità. Ovviamente è un conto che si può fare solo in maniera molto approssimativa, visto che non si considera la qualità e la ricchezza degli interni (sempre più firmati da grandi designer e costosissimi) e eventuali attrezzature supplementari. Vale ricordare che la customizzazione di yacht e maxi yacht è una regola fissa e scontata nel doratissimo mondo degli armatori top. «C’è una ritrovata voglia di vivere, ovunque ma in particolar modo in America: cambiamenti che sono accompagnati da una maggior sensibilità per i prodotti sostenibili e rispettosi dell’ambiente, aspetto che inizia a svilupparsi seriamente nella nautica“ sottolinea Massimo Perotti, presidente esecutivo di Sanlorenzo. In effetti, se le firme progettuali sono diverse e nei layout gli effetti speciali si susseguono uno dopo l’altro (in qualche caso, peraltro, sono simili), è evidente la visione comune di limitare l’utilizzo di materiali inquinanti o non riciclabili e soprattutto di consumare meno possibile, più per la comodità di navigare ovunque che per l’effettivo risparmio. Gli armatori dei superyachts, obiettivamente, non hanno grossi problemi di spesa alla pompa di carburante. Ma la sfida tecnica, rappresentata in gran parte dalle soluzioni ibride, è la più interessante del momento. Già che ci siamo, bene segnarsi le date del prossimo Salone Nautico: dal 21 al 26 settembre 2023. Promette molto, considerando i lavori quasi finiti per l’edizione in arrivo e quelli in corso per il waterfront del 2024, quando ci saranno i nuovi spazi per i non pochi espositori rimasti esclusi quest’anno. Così magari rivedremo in acqua “qualcosa” sotto i 15 metri…