Il fatturato totale del settore ha registrato una crescita del 22,4 per cento nel 2021.Per mantenere e riparare le loro auto gli italiani hanno speso quasi 35 miliardi
Magari il mercato automobilistico andasse bene come quello dell’aftermarket. Per capire lo stato dell’arte accessoristica – se possiamo definirla così – bisogna valutare i dati del Barometro Aftermarket (la rilevazione statistica interna al Gruppo Componenti ANFIA,) che fornisce un trend indicativo dell’andamento sia a livello consolidato, sia a livello delle singole “famiglie prodotto”. Nel 2021, il fatturato totale dell’aftermarket ha registrato una crescita del 22,4% rispetto al 2020 che si era chiuso a -14,4%. Certo, se confrontiamo il 2021 con il 2019 ,pre-pandemia, l’aumento si riduce a +4,8% ma pensando ai disastri delle auto è il caso di stappare una buona bottiglia. Agli incrementi a doppia cifra del primo (+16,6%) e del secondo trimestre (+83,6%), hanno fatto seguito le variazioni più contenute del terzo e del quarto trimestre (entrambi a +8,2%).
Vediamo ora le singole “famiglie” in cui viene diviso il mercato, tutte e cinque in positivo. L’incremento più marcato riguarda i componenti motore (+31,6%), che nel 2020 avevano riportato un calo del 13,5%, seguiti dai componenti “undercar” dove sono inclusi cerchi e pneumatici (+26,1%) e dai componenti elettrici ed elettronici (+19,3%), che avevano chiuso il 2020 rispettivamente, a -18,5%, e a -27,6%. Crescita a doppia cifra anche per i materiali di consumo (+18,3%), che nel 2020 erano scesi del 7,2%, e per i componenti di carrozzeria e abitacolo (+15,6%), che recuperano notevolmente dopo il risultato negativo del 2020 (-45,1%.) Tanti numeri portano a una valutazione importante, come spiega Paolo Vasone, coordinatore della Sezione Aftermarket del Gruppo Componenti ANFIA. “Il fatturato aftermarket 2021 registra una variazione positiva che conferma il carattere anticiclico del comparto rispetto sia all’andamento dell’economia in generale che al mercato auto. Questo sebbene anche il mercato dei ricambi abbia risentito dei ritardi e blocchi nella catena di approvvigionamento a causa della crisi e dei rincari delle materie prime, tra cui i semiconduttori. La filiera continua ad essere in costante e rapido riassetto nelle quote di business e di presidio dei territori. Ci sono meno attori protagonisti, più robusti, ma anche più articolati e complessi a livello di conto economico e di sostenibilità nel breve e medio termine. E sono nate alleanze strategiche, collegate anche a business complementari a quello tradizionale, ormai mature. La fase di transizione mi pare tutt’altro che terminata”.
Un rapporto McKinsey certifica il processo: negli ultimi cinque anni il mercato nordamericano ha visto più di 600 operazioni di acquisizione nell’aftermarket e nove dei dieci maggiori distributori europei di aftermarket sono stati coinvolti in attività simili o di consolidamento. Un indicatore fondamentale del mercato, non solo italiano, è l’Autopromotec di Bologna, la cui 29° edizione si è svolta a fine maggio: non si teneva dal 2019 e ha portato al quartiere fieristico 75.141 operatori professionali, di cui il 15% provenienti da 116 Paesi, a visitare gli stand di 1.311 aziende, il 31% delle quali provenienti da 46 Paesi. La sensazione è stata di vivacità, di moderata soddisfazione considerando che in definitiva il mercato non ha sofferto troppo persino nel biennio pandemico: l’Osservatorio Autopromotec ha sentenziato che gli italiani per la manutenzione e la riparazione delle loro auto hanno speso quasi 35 miliardi di euro nel 2021 (+6,2% rispetto al 2020).
Mai dimenticare però che il parco auto nazionale resta tra i più vecchi in Europa quindi sempre bisognoso di pezzi di ricambio provenienti sia da aziende indipendenti sia dalle reti delle Case auto: per la cronaca, nella rassegna bolognese è stato consegnato il Trofeo dell’Eccellenza Gipa – in base alla soddisfazione dei clienti – a Volvo per la categoria Premium e a Renault per la categoria Generaliste. Una certezza: il trend positivo durerà almeno per i prossimi cinque anni, come evidenziato nel convegno “Aftermarket outlook throughout and beyond disruptions” dove sono stati individuati i quattro temi del futuro prossimo: connettività, veicoli a guida autonoma, mobilità condivisa e soprattutto elettrificazione.
Non è un caso, che una delle novità a Bologna sia stata la prima edizione di Electric City che ha portato una visione a 360 gradi sulla mobilità elettrica, con una selezione di vetture ad alimentazione alternativa: dalle citycar fino alle granturismo ad alte prestazioni, in mostra su 600 mq dell’area espositiva. Oggi, esattamente come quella delle Case che guardano al fatidico 2035, la sfida di chi si occupa di aftermarket è impegnarsi sul passaggio dalla classicità del termico alla novità dell’elettrico. Peraltro, contrariamente a quanto si sostiene – citando il numero minore di componenti di un motore elettrico rispetto a un benzina o un diesel – non mancherà lavoro alle officine. Ci sono bisogni nuovi che presuppongono una specifica ingegneria della manutenzione e poi – lo ricordiamo sempre – ci sono analisi che parlano di un ulteriore boom dell’usato, alimentato dagli irriducibili ‘no electric”. Nessun pericolo di poco lavoro, insomma. Sottolinea ancora Vasone: “Per proseguire l’avviato trend di ripresa, il settore aftermarket deve continuare ad affrontare le trasformazioni e gli investimenti anche in formazione di nuove competenze. Bisogna aprirsi alle partnership con altri soggetti e cogliendo le opportunità connesse alla duplice transizione, digitale e green, che stiamo vivendo. E’ indispensabile lavorare sulla propria offerta ampliando la gamma dei prodotti e dei servizi”. In più, aggiungiamo noi, ci sarà sempre più margine sulle flotte aziendali, mercato dove il responsabile della manutenzione non è il conducente dell’autoveicolo e il post-vendita può conquistare quote importanti. Anche qui, i numeri spiegano più delle parole: ci sono in giro un milione di veicoli (ovviamente meno vecchi rispetto a quelli privati) non di privati e da gennaio a maggio 2022, la componente delle auto in noleggio (a breve e lungo termine) più quelle acquistate da società o enti ha sfiorato il 45% sul mercato totale. Niente paura, insomma.