Non vendere più auto con motori termici dal 2035 è praticamente un’utopia. I dubbi della politica e di Crisci (Unrae), Scudieri (Anfia) e Cosentino (Federauto)
Zero emissioni, da anni se ne parla. Ma i numeri anche se in crescita sono sempre troppo piccoli. Ora a dettare i tempi ci pensa la Comunità Europea che non accetta più scuse: “dal 2035 in Europa non si potranno più vendere auto dotate di propulsori termici alimentati a benzina o gasolio”. Un percorso non ancora definito perché deve passare ancora attraverso un paio di sbarramenti. Ma l’orientamento è questo e la dice lunga sulla volontà della politica. L’obbiettivo è quello, sacrosanto, di ridurre le emissioni. La plenaria dell’Europarlamento ha avallato la proposta della Commissione europea. L’emendamento sostenuto dal Ppe, che prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 90% invece che del 100%, non è stato approvato. L’ok dell’emiciclo alla posizione negoziale degli eurodeputati sugli standard di emissioni di CO2 è arrivato con 339 voti a favore, 249 contro e 24 astenuti. “E’ una soluzione molto ideologica e poco realistica”. Così il viceministro allo Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto, commenta la decisione. “Continuo a non immaginare il Gran Premio di Monza senza il rombo del motore delle auto in pista”. Ideologia a parte il problema secondo molti è anche occupazionale. “Sono 70.000 i posti di lavoro a rischio nell’industria automotive, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico” spiega il direttore dell’Anfia Gianmarco Giorda. “L’elettrico a oggi non è in grado di compensare la perdita di posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti. Servono piuttosto azioni per portare in Italia pezzi di filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche” spiega Giorda. E intanto gli incentivi per il rinnovo del parco auto stanziati per il 2022 pare siano già esauriti. Se l’autonomia delle auto “alla spina” aumenta di modello in modello quella degli incentivi dura sempre di meno. “Le normative europee generano elementi di preoccupazione”, ha detto in un convegno milanese a margine del Mimo il ministro Giorgetti. “Il governo ha delle perplessità e le ha espresse alla Cop26 sull’ineluttabilità della fine del motore endotermico. Noi difendiamo la neutralità tecnologica”. Giorgetti, come già aveva detto il ministro Cingolani intervenendo alla Festa dell’Innovazione de il Foglio a Venezia, ha ribadito la necessità di valutare le tecnologie alternative all’elettrico, di introdurre una valutazione dell’intero ciclo di vita e di lavorare per salvaguardare la competitività dell’industria europea. “Vedremo come evolverà il negoziato, ma noi insisteremo sulle nostre richieste”, ha aggiunto il ministro, facendo riferimento all’avvio delle trattative interistituzionali sul pacchetto “Fit for 55” successive al voto dell’Europarlamento. Il mondo dell’auto è preoccupato. Michele Crisci, rieletto presidente dell’Unrae, ha aggiunto: “La politica deve dare le certezze necessarie per programmare gli investimenti. Bisogna accogliere le nuove tecnologie, ma servono anche le infrastrutture e target vincolanti anche per le industrie a noi attigue. Serve un’agenda condivisa da tutti affinché l’automotive non sia il solo a prendersi carico della transizione”. Anche Paolo Scudieri, numero uno di Anfia, viaggia sulla stessa lunghezza d’onda: “Nessuno è contrario alla transizione, all’ambiente e all’evoluzione, ma il voto dell’8 giugno è un macigno: spaventa l’approccio mono-tecnologico, anche perché l’Europa non ha le competenze e non controlla la filiera dell’elettrico, al contrario di alcuni Paesi asiatici”. Scudieri ha sottolineato l’importanza di biocarburanti e idrogeno per questa transizione della mobilità. Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, è stato come sempre molto colorito nella sua arringa: “Perché gli incentivi per la fascia 61/135 g/km sono andati esauriti? Forse perché sono le auto più gradite? Forse perché costano meno. Io sono preoccupato e non sono così sicuro che la data finale sarà il 2035”. Ci sono proroghe per tutto. Figuriamoci se non ne arriverà una anche su questo bando impossibile.