Due mesi e 3 mila km guidando un’elettrica con tutti gli Adas disponibili attivati. Così si possono sfruttare davvero
Gli ADAS sono sulla bocca di tutti, e dal prossimo 7 luglio saranno anche su tutte le auto. Insomma se ne parla, ma solo qualcuno li usa. Noi abbiamo deciso di fare un test prolungato di guida con gli ADAS quasi sempre inseriti. L’auto oggetto della prova è una Mercedes EQB 300. Una vettura a zero emissioni. Dopo due mesi e 3.000 km possiamo dire con certezza che gli ADAS ben si sposano proprio con l’alimentazione elettrica e con la marcia a velocità da codice della strada. Andando più forte la possibilità di errore aumenta esponenzialmente. Ma come si guida con gli ADAS?
Una volta a bordo come prima cosa abbiamo sempre selezionato la modalità Eco. Così facendo le accelerazioni risultano più progressive e si ha il massimo della frenata rigenerativa della batteria. Poi appena partiti utilizzando il pulsante sulla razza sinistra del volante si seleziona la velocità massima desiderata. In ambito urbano potrebbero essere 50 orari. Ecco allora che si procede senza che noi continuiamo a schiacciare l’acceleratore o il freno. Segue l’auto che ci precede accelerando e frenando autonomamente. Nella marcia in colonna su strade urbane ed extraurbane è il massimo della sicurezza e della comodità. Si può settare anche la distanza da lasciare tra noi e l’auto che abbiamo davanti. Ma ecco la prima criticità. Anche settando la distanza minima lo spazio che si va a creare è sufficiente perché un’altra auto si possa infilare in mezzo. E questo accade quotidianamente. Sarà colpa dello stile di guida degli italiani? Sarà colpa del fatto che non siamo abituati al Cruise control adattativo e che non tutti ce l’hanno? Il risultato è che la distanza è eccessiva. Unaltro mezzo si può inserire tra i due provocando delle frenate del sistema abbastanza repentine in modo da evitare il tamponamento. Appare subito chiaro quindi che l’utilizzo degli ADAS dovrebbe essere diffuso a tutti per ottimizzarne il risultato.
Il funzionamento è perfetto, assolutamente affidabile, decisamente prezioso in caso di pioggia o scarsa visibilità. Ma anche di stanchezza da parte del conducente. Salva la vita! Attenzione va prestata negli svincoli o nelle rotonde dove il radar potrebbe perdere di vista l’auto che ci precede e accelerare anche quando non è necessario. Insomma bisogna sempre essere vigili. Il secondo sistema che abbiamo testato è il lane keep assist. Ovvero quello che provvede a mantenerci al centro malore si lasciasse il volante l’auto provvede a frenare da sola sino ad arrestarsi, poi accende le quattro frecce e chiama i soccorsi. Un altro sistema che abbiamo provato è quello che prevede il riconoscimento dei segnali stradali e l’adeguamento conseguente del limite di velocità impostato dall’auto. Funziona! La criticità è che a volte i limiti sono troppo bassi. Ci sono svincoli autostradali che hanno il limite di 60 orari ma che vengono abitualmente percorsi a 90.
Se noi abbiamo il sistema inserito la nostra auto frena e si porta alla velocità impostata dal cartello. Questo fa sì che nel caso in cui l’auto che segue non sia dotata dello stesso sitema si rischia il tamponamento. Insomma traendo le conclusioni i tre sistemi principali della guida autonoma di livello due indubbiamente su questa Mercedes funzionano bene. Ovviamente esclusivamente su strade asfaltate e non negli sterrati. Il problema sono gli altri automobilisti e le infrastrutture. Ci vuole un’educazione alla guida autonoma e tutte le auto dovrebbero essere dotate di questi congegni per ottimizzarne il risultato. Ci vuole una segnaletica stradale orizzontale sempre chiara e puntuale. E inoltre i limiti di velocità devono essere adeguati alle reali condizioni delle strade. Ci arriveremo? Penso proprio di sì.