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Home Opinioni L’invitato

Il rischio incendi per le batterie non va ignorato

by Redazione
03/05/2022
in L’invitato
Il rischio incendi per le batterie non va ignorato
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Com’è noto, la Commissione Europea ed i principali Governi europei stanno spingendo cittadini ed imprese verso una transizione energetica senza precedenti. Le problematiche ambientali ampiamente note non permettono ulteriori ritardi, anche se l’Europa produce in realtà solo una piccolissima parte della CO2 mondiale, il 6,4% (Cina 27%, USA 11%, India 6,6%, fonte Rhodium Group 2021).

Questa “corsa ecologica” sta tuttavia portando l’Europa verso scelte poco avvedute, specialmente nel campo dell’elettrificazione a tutto spiano di auto e veicoli commerciali. Non solo perché la Cina detiene una posizione dominante nel panorama internazionale delle materie prime e delle tecnologie connesse alle auto elettriche (rischiamo un secondo “effetto Russia”), ma anche perché non è ancora stata fatta una vera e propria analisi sull’impatto che tutto questo avrà sulla sicurezza stradale. Per primi, dalle pagine di SicurAUTO.it (portale automotive con oltre 1,5 milioni di lettori mensili), abbiamo acceso i riflettori su questo problema con un’inchiesta esclusiva.

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Una batteria al litio infatti per essere spenta richiede tempi, uomini e mezzi totalmente differenti. Sino a 30.000 litri d’acqua da pompare al ritmo di 500 litri al minuto per 60 minuti, quando per un’auto tradizionale ne bastano 500… Se questo incendio dovesse avvenire in un parcheggio al chiuso (o in un’officina, in un traghetto, etc.) i problemi si moltiplicherebbero. I gas emessi dalla combustione della batteria al litio sono letali per l’uomo ed altamente infiammabili, per questo non sono rare le esplosioni. Le temperature registrate durante l’incendio raggiungono i 1000 gradi mettendo a rischio la stabilità strutturale intorno all’incendio. Infine, una volta spento l’incendio (spesso servono diverse ore e l’incendio può riattivarsi), a causa dei numerosi componenti chimici dispersi durante la combustione, deve essere prevista una costosa bonifica ambientale ed il trattamento delle acque usate per lo spegnimento dell’incendio. Un paradosso ecologico.

Oggi ci ritroviamo con i vigili del fuoco di tutto il mondo a protestare e/o cercare di studiare nuovi metodi utili allo spegnimento di auto che contengono una quantità di energia doppio o tripla rispetto ad un’auto tradizionale. In Belgio, il capo del sindacato dei vigili del fuoco ha persino chiesto il divieto per le auto elettriche di parcheggiare al chiuso. In Italia i vigili del fuoco, da me intervistati, hanno dichiarato di stare lavorando a delle nuove linee guida per i parcheggi sotterranei. Si arriverà al divieto? Nessuno può dirlo.

Nelle scorse settimane le lobby della mobilità elettrica, con la complicità di molti giornali, hanno liquidato la problematica relativa agli incendi delle auto elettriche dicendo che “la probabilità che un’auto elettrica prenda fuoco è 60 volte più bassa di un’auto tradizionale” (dati dell’NTSB, National Transportation Safety Board). Vero, ma tutti si sono dimenticati di dire che le auto elettriche prese in esame sono ancora molto giovani e rappresentano solo l’1% del circolante americano (circa 350 milioni di vetture), mentre le auto tradizionali hanno anche 20-30 anni sulle spalle, quindi è normale che siano maggiormente soggette al rischio d’incendio. Tutti i ricercatori del mondo, infatti, fanno notare che i dati attualmente in possesso sono “statisticamente poco significativi” e che le percentuali potranno cambiare di molto tra 5-10 anni.

A proposito di ricercatori, ho conoscenza del fatto che l’industria automotive si sia rifiutata di fornire auto elettriche o batterie ad un primario istituto di ricerca pubblico italiano. L’intento di questo istituto era quello di studiare gli effetti degli incendi delle auto elettriche in alcuni test. Perché? Se non vi è nulla da nascondere dovrebbe essere la stessa industria a collaborare, invece oggi i dati sui test interni delle Case o dei produttori di batterie sono segreti. Sarebbe ora che la Commissione Europea intervenisse anche su questo, ma correrebbe il rischio di fare autogol.

CLAUDIO CANGIALOSI ceo & Executive Editor di sicurauto.it

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